Il servizio che permette di segnalare a UniboMagazine e alla Newsletter UniboCultura le iniziative culturali organizzate dall'Università di Bologna.
14 Novembre 2007
Rettorato, Sala dell'VIII Centerario, via Zamboni 33. Ore 9.30-13
Ad introdurre l’incontro sarà Vincenzo Talamo, direttore dell’ufficio contrattazione collettiva del Dipartimento della Funzione Pubblica. A discutere del tema e del volume, alla presenza dei curatori, saranno Franco Carinci (docente di diritto del lavoro, Università di Bologna) Elisabetta Gualmini (docente di Scienza Polititica, Università di Bologna), Mauro Bonaretti (direttore generale dell’amministrazione comunale di Reggio Emilia), Gaudenzio Garavini (direttore generale organizzazione, personale, sistemi informativi e telematica della Regione Emilia-Romagna), Luigi Mariucci (docente di diritto del lavoro e diritto sindacale, Università Ca’ Foscari), Vincenzo Nastasi (componente del Comitato direttivo dell’ARAN), Michele Gentile (coordinatore del dipartimento settori pubblici della CGIL), Girolamo Pastrorello (direttore centrale del personale dell’Agenzia delle Entrate), Nino Zucaro (presidente CIDA, confederazione italiana dirigenti d’azienda). Nei sei saggi in cui è suddiviso il volume ciascuno degli autori, analizzando ognuno un aspetto diverso, propone una riflessione su oltre un decennio che ci separa dall’ultima riforma del lavoro pubblico, quella del '93, le cui modifiche hanno coinvolto non solo l’assetto, gli attori, la struttura della contrattazione nazionale, ma anche l’organizzazione, il ruolo e lo status della dirigenza e le politiche del personale. Così se Carlo Dell’Aringa esamina la contrattazione collettiva e il costo del lavoro nei 13 anni trascorsi e si interroga sulle prospettive, Cesare Vignocchi prende in esame le tre tornate di contrattazione negli enti locali e si sofferma su cosa salvare di un’esperienza controversa, mentre è Lorenzo Bordogna a interrogarsi se in tema di contrattazione collettiva non sia il caso di trovare un nuovo equilibrio tra centralizzazione e decentramento. Giuseppe Della Rocca si sofferma invece sul management delle risorse umane, Valerio Talamo discute di dirigenza pubblica riformata e Carmine Russo invece analizza il ruolo svolto dal sindacato. La riforma del ’93 viene dunque sottoposta ad un esame a tutto campo che apre interessanti riflessioni sugli obiettivi colti e quelli mancati e sull’eventualità di metterne in cantiere una nuova. L’introduzione è affidata a Dell’Aringa, uno che di contrattazione se ne intende, essendo stato per diversi anni presidente dell’Aran. Non è facile, è il suo esordio, mettere a fuoco gli aspetti positivi e negativi della contrattazione collettiva nel pubblico impiego, così come si è evoluta dal 1993 ad oggi. Analizzando l’attuale scenario non si può non riscontrare come i numerosi interventi normativi e della contrattazione collettiva, finalizzati ad introdurre elementi incentivanti per un'efficace gestione delle risorse umane e per la crescita del livello di professionalità del pubblico impiego, non abbiano ancora prodotto i risultati attesi. Le motivazioni? Molteplici. Se ad esempio si esamina la determinazione del salario accessorio e il sistema di promozioni adottati a livello di singola amministrazione si troverà che spesso sindacato e amministrazioni non si comportano da "fisiologiche" controparti, come avviene per un datore di lavoro privato. Per decenni il ministero del Tesoro (come si chiamava allora) e la Corte dei conti sono state le vere controparti. Le amministrazioni si sono trovate spesso "dalla stessa parte" dei sindacati per cercare di aggirare i vincoli e i controlli sulla spesa per il personale. Il tentativo di introdurre nel pubblico impiego massicce dosi di "privato" soprattutto nella gestione del personale, che era alla base della riforma del 1993, ha avuto finora scarso successo. La maggiore autonomia nelle politiche retributive, con minori controlli da parte della Corte dei conti, non sempre è riuscita a produrre i necessari cambiamenti. Una possibile soluzione è dare completa autonomia finanziaria e fiscale alle amministrazioni locali, più autonomia alle università e alle scuole e stringenti vincoli di bilancio alle amministrazioni centrali. Strettamente legata alla contrattazione c’è l’innovazione: vale a dire il ruolo che dirigenza da un lato e sindacato dall’altro devono svolgere per promuovere e implementare l’innovazione. E qui la riflessione si sposta su un altro grosso problema, l’ingerenza della politica. Ingerenza che fa dire senza mezzi termini a Dell’Aringa "l’autonomia della dirigenza rispetto alla politica è la condizione necessaria per il successo della contrattazione e dell’innovazione amministrativa".