Si apre con un progetto dedicato al teatro giapponese di narrazione la settima edizione della rassegna CIMES progetti di cultura attiva. Questa sera, alle 18, persso i Laboratori delle Arti (via Azzo Gardino, 65/a), ci sarà una dimostrazione-spettacolo di rakugo (letteralmente "parole scivolate, lasciate cadere") con il maestro Sanyūtei Ryūraku, uno dei massimi interpreti viventi di quest'arte. Si tratta di una narrazione umoristica ad opera di un solo interprete, che modula toni di voce e gesti per rappresentare i diversi personaggi. La performance serale è divisa in due parti di mezz'ora ciascuna: "Oyakozake" (padre e figlio scommettono per il sakè) e "Chiritotechin". Lo spettacolo sarà preceduto da un'introduzione sul rakugo condotta dallo stesso Maestro, il quale fornirà qualche informazione sulle modalità di svolgimento della performance e sul rapporto tra il rakugo e il liuto a tre corde, tipico di alcune rappresentazioni. L'ingresso è libero e aperto a tutti, fino ad esaurimento dei posti.
Questo evento si inserisce nel progetto "Rakugo: la voce come teatro" a cura di Matteo Casari e Alessandro Guidi, realizzato dal Dipartimento delle Arti - CIMES in collaborazione con il Centro Studi d'Arte Estremo Orientale e Nipponica. Il progetto comprende anche un workshop pratico condotto dal Maestro, gratuito ma riservato a 15 studenti dell'Università di Bologna.
Spiega Matteo Casari: "L’arte della narrazione (wagei), in particolare teatrale, ha in Giappone una storia antica e ricca di generi rappresentativi ancora oggi apprezzati e diffusi. Nel wagei è la voce dell’artista a farsi teatro e il pubblico ne gode la capacità di creare immagini, vivificare personaggi, rendere atmosfere, insomma, comunicare emozioni e idee raccontando storie. L’interprete è quasi sempre solo di fronte al proprio pubblico, supportato da pochissimi oggetti scenici e, a volte, da un accompagnamento strumentale. Così è proprio nel rakugo (letteralmente "parole scivolate, lasciate cadere"). Di tenore umoristico, sebbene le sue origini possano essere ricondotte ai sermoni buddhisti del X secolo, il genere è noto con questo nome a partire dal XVIII secolo: in precedenza gli attori erano chiamati hanashika (narratore di storie), termine che corrisponde all’odierno rakugoka (interprete di rakugo). Seduto su di un cuscino al centro del palco, il rakugoka racconta storie esilaranti con l’uso di un ventaglio (sensu) e di un piccolo asciugamano rettangolare (tenugui). Le vicende comprendono dialoghi fra più personaggi e per distinguerli l’interprete cambia il tono della voce e ruota il capo in modo allusivo. Le storie, secondo tradizione, sono introdotte da un breve monologo improvvisato e terminano con una battuta finale (ochi) che può non avere rapporto alcuno con la vicenda".
Come in molte altre arti tradizionali giapponesi, anche nel rakugo gli interpreti imparano direttamente dal proprio maestro, senza ricorrere a libri o manuali. Sanyūtei Ryūraku, uno dei massimi interpreti viventi di rakugo, entra nella scuola di Sanyūtei Enraku all’età di 28 anni. Dopo sei anni diventa shinuchi (maestro). Ha fatto conoscere la propria arte in numerose tournée che hanno toccato, tra gli altri, Inghilterra, Spagna, Portogallo, Germania e Francia.