Insieme alle lezioni, ai laboratori, alle biblioteche, alle sessioni d’esame, gli anni passati all’università sono fatti anche, se non soprattutto, di relazioni. Sono anni indimenticabili, segnati da nuovi incontri e nuove scoperte. E dalla condivisione di idee, di spazi, di tempo passato insieme. Inevitabilmente, però, nel confronto tra coetanei, la vita universitaria può portare anche a momenti di difficoltà.
“I problemi più frequenti sono quelli che nascono nei contesti di convivenza, sia negli appartamenti privati che negli studentati: la gestione dei compiti quotidiani, l’utilizzo degli spazi comuni, la divisione delle spese”. Carolina Mancuso, assegnista di ricerca al Dipartimento di Scienze Giuridiche dell’Alma Mater, è una delle animatrici di University Dispute Resolution, l'iniziativa che sta portando all'Alma Mater la mediazione fra pari come strumento per risolvere conflitti tra studenti universitari.
L’idea è (apparentemente) semplice: risolvere incomprensioni e problemi che possono nascere in situazioni di convivenza o di lavoro di gruppo grazie all’aiuto di coetanei, quindi altri studenti universitari, che hanno il ruolo di mediatori. Questi mediatori, però, devono essere formati in modo molto attento e adeguato. “L’aspetto fondamentale è che il mediatore non può e non deve essere un giudice”, dice Mancuso. “Non deve giudicare e risolvere la controversia tra le due parti, ma deve aiutare le persone coinvolte a trovare dei punti di incontro, in modo da arrivare a una soluzione condivisa”.
La mediazione tra pari si è sviluppata già a partire dagli anni ’80 del secolo scorso nel contesto dei campus universitari statunitensi e negli ultimi anni sta crescendo anche in Europa. Nel 2021, in Spagna è stata varata una legge che invita le università a integrare la mediazione come strumento di risoluzione delle controversie e diversi atenei si stanno adeguando.