Influenza dei polli: il rischio pandemia è reale
Per ora tutti i pericoli per l’umanità rimangono solo potenziali, ma se davvero il virus H5N1 subisse mutazioni tali da potersi trasferire da uomo a uomo, il pericolo di una pandemia diventerebbe una minaccia concreta, specie per quelle aree del pianeta dove un’eventuale vaccinazione della popolazione sarebbe difficoltosa. Mauro Delogu, ricercatore dell’Università di Bologna e membro di team di Istituti che studiano i virus influenzali, ci parla dei rischi connessi all’influenza dei polli che sta attualmente affliggendo il sud est asiatico.
Il virus influenzale H5N1, quello che sta mietendo vittime nel sud est asiatico, è un sottotipo di influenza aviaria evoluto in alta patogenicità nel pollame domestico. Normalmente la tipologia di virus cui appartiene non infetta l’uomo e si limita a circolare senza grossi effetti per la salute in specie serbatoio come le anatre. In questi giorni tuttavia gli organi sanitari internazionali descrivono H5n1 usando toni drammatici: bomba a orologeria, calvario, pandemia. Il timore, rincarano gli esperti, è che si ripeta quanto avvenuto l’ultima volta con l’influenza spagnola del 1918: 40 milioni di morti con vittime sparse dalla Tundra artica alle coste del Mediterraneo.
Cos’è che provoca tanto sgomento tra i medici e i virologi di tutto il mondo?
“Il problema è che questo H5N1 ha una capacità di mutare enorme”, afferma Mauro Delogu, ricercatore del DSPVPA dell’Università di Bologna, da anni impegnato a monitorare i nuovi agenti patogeni in collaborazione con l’Istituto Superiore di Sanità, l’Istituto Nazionale per la Fauna Selvatica e l’ IZS della Lombardia ed Emilia. “E’ un virus a RNA: ogni volta che infetta una cellula va incontro a mutazioni spontanee e a possibili riassortimenti genetici con altri virus eventualmente coinfettanti. La sua variabilità elevatissima rende difficile un rapido allestimento di vaccini in grado di fronteggiarlo con precisione ed efficacia”.
Mutabilità genetica tale da rendere difficoltosa un vaccinazione preventiva, dunque. Sembra chiara la ragione della pericolosità di H5N1. Ma non era un virus vincolato al regno animale?
“Finora, in effetti, i virus aviari non avevano quasi mai infettato direttamente l’uomo se non in casi in cui il suino, per peculiarità strutturali, aveva fatto da tramite. Negli ultimi giorni in Asia abbiamo però assistito a inusuali trasmissioni dirette da volatili a persone. E’ questo ad aver acceso i campanelli d’allarme: infatti se l’H5N1 riuscisse a fare un ulteriore passo, ricombinandosi con un virus influenzali umani, altamente trasmissibili da uomo a uomo, i drammi finora paventati diventerebbero scomode realtà, perché il suo potenziale distruttivo sulle persone è davvero elevato”.
E questo è uno scenario probabile?
“Molto più che in emergenze precedenti, perché l’epidemia aviaria è già notevolmente estesa a livello geografico e, aumentando il numero dei contagi, cresce contestualmente anche la probabilità di fusioni con virus influenzali umani”.
Giusto perciò bloccare le importazioni dai paesi a rischio?
“Direi indispensabile, perché proprio gli scambi commerciali, con le loro ramificazioni e la loro scarsa prevedibilità, rappresentano i principali canali di trasmissione dell’epidemia da una regione circoscritta all’intero pianeta”.
E in questo contesto in che posizione è l’Italia? Ha ragione chi dice che per il momento siamo al sicuro?
“Nel nostro paese il monitoraggio dei prodotti alimentari è costante e concordo quindi con chi per ora ritiene pari a zero il rischio connesso al consumo di pollame. Ricordo però che qualora il virus diventasse davvero trasmissibile tra uomo e uomo, nessuno di noi sarebbe al sicuro. A quel punto, considerando la difficoltà di approvvigionamento vaccinale e terapeutico di estese aree del pianeta, pandemia diventerebbe veramente il termine giusto per descrivere il fenomeno”.