Verso il referendum: una riflessione scientifica e giuridica
Un’embriologa, una biologa cellulare, una ginecologa e una giurista: sono state queste le voci della riflessione scientifica sulla fecondazione medicalmente assistita che l’AdDU – l’Associazione delle Donne Universitarie – ha voluto promuovere per prendere maggiore coscienza dei quesiti refendari del 12 e 13 giugno prossimi.
"Questo non è un incontro di propaganda. Credo solo sia dovere di tutti noi votare scegliere avendo conoscenza dei quesiti". Carla Faralli, presidente dell’AdDU – Associazione delle Donne Universitarie – ha inaugurato con una presa di distanza dalla politica la riflessione sui referendum del 12 e 13 giugno prossimi promossa in collaborazione con il CIRES – Centro Interdipartimentale di Ricerca in Epistemologia e Storia della Scienza Federico Enriques – e il CIRSFID – Centro Interdipartimentale di Ricerca in Filosofia e Sociologia del Diritto e Informatica Giuridica.
Centrali nell'incontro di martedì 31 maggio a Palazzo Malvezzi sono stati gli interventi chiamati a gettare luce sui meccanismi biologici sottostanti alla riproduzione umana. Prima Elisabetta Caramelli dell’Istituto di Embriologia ha illustrato le principali tappe dello sviluppo embrionale, poi la ginecologa Eleonora Porcu ha spiegato come le tecniche per la riproduzione medicalmente assistita si innestano nel processo naturale ovviando alle difficoltà che si possono presentare a tutti i livelli del ciclo riproduttivo, dalla produzione di gameti all’incompatibilità immunitaria tra ovulo e spermatozoo. Ricostruendo il percorso di affinamento tecnologico che dal 1978, anno di nascita della prima bimba fecondata in vitro, ha portato agli anni Novanta e alla diagnosi pre-impianto, Porcu ha sottolineato che "la tecnica ha corso, anzi ha galoppato, mentre non c’è stato un contestuale sviluppo della legislazione". "Il problema degli embrioni congelati in sopranumero - ha proseguito la ginecologa – è stato sentito un po’ ovunque e ha trovato così spazio una certa reattività su alcuni dei fenomeni più inquietanti per l’immaginario collettivo: le mamme nonne, gli uteri in affitto e la fecondazione post mortem. La nostra legislazione, così come altre, ha cercato di mettere dei paletti, ma non ci si riesce a mettere d’accordo sulla natura del concepito. La mia idea è che ci si dovrebbe incontrare nel dubbio, chiedendosi se è possibile fare riproduzione medicalmente assistita rispettando l’embrione".
Dopo l’intervento della biologa Marina Morini, concentrata sulle ripercussioni del referendum sulle ricerche riguardanti le cellule staminali, la giurista Laura Governatori ha spostato l’attenzione sul testo della legge 40 del 2004. "Legge contestata, sicuramente a ragione almeno dal punto di vista formale", ha affermato Governatori evidenziando alcune contraddizioni del testo approvato dopo un iter lungo vent’anni. "Nel primo principio della legge – ha per esempio detto Governatori – si presume l’attribuzione di eguali diritti a tutti i soggetti in causa: ovvero, madre, padre e concepito. Ma poi nel testo successivo si parla sempre di embrione". "Si tende inoltre a confondere – ha proseguito la giurista – l’adozione con la fecondazione medicalmente assistita, ovvero un affidamento con la realizzazione del proprio diritto alla libertà procreativa. Una donna può liberamente scegliere l’adozione, ma quest’ultima non può essere considerata un istituto giuridico sostitutivo della fecondazione medicalmente assistita".
Il dibattito, presieduto da Raffaella Simili, Direttore del CIRES, e concluso da Sandra Tugnoli, è stato anche l’occasione per presentare "Nuove Maternità", il volume curato da Carla Faralli e Cecilia Cortesi per le edizioni Diabasis che raccoglie il punto di vista di alcune studiose americane sulla fecondazione medicalmente assistita e sull’aborto. "Questioni bioetiche al femminile", ha concluso Faralli, sottolineando che i bioeticisti ragionano spesso su principi astratti, mentre su questi temi "le donne riflettono sul quotidiano, sul concreto".