Autore: Sergio Pernigotti
Editore: Editrice La Mandragora
Prezzo: 13 euro
Bakchias era un villaggio dell’Egitto Antico le cui rovine si trovano in una vasta area archeologica nell’angolo nord-orientale del Fayyum, una regione situata tra le rive della Valle del Nilo e le prime oasi desertiche.
Il sito, noto grazie ai papiri greci riportati alla luce nei primi scavi che hanno interessato la regione, è oggetto, da più di un decennio, di una proficua missione archeologica guidata Università di Bologna che ha messo in evidenza, con la recente scoperta di alcuni papiri inediti, la possibilità di narrare la "vera" storia del sito, le sue origini, la sua fine.
Il volume "Bakchias - Villaggi dell’Egitto Antico", che si colloca all’interno della Piccola Biblioteca di Egittologia, racconta le "due storie" del sito del Fayyum facendo della terminologia tecnico-scientifica un uso sapiente, in una prospettiva che tende a privilegiare gli elementi di carattere storico e archeologico.
In particolare, dopo una dettagliata descrizione storico-geografica della regione del Fayyum, Sergio Pernigotti, direttore della spedizione che lavora sul sito di Bakchias, racconta le vicende legate alle prime spedizioni archeologiche effettuate nell’area dalla Egypt Exploration Society. Il lavoro si concentra, poi, sui risultati e sulle ipotesi scaturite dal lavoro della Missione Archeologica dell’Ateneo bolognese, nell’intento di fornire, agli studiosi come ai profani, un quadro completo sulle caratteristiche di uno dei siti urbani più importanti dell’Egitto Antico.
Una delle problematiche di fondo affrontate dal volume, il primo di una serie di lavori sui Villaggi dell’Egitto Antico, riguarda la natura controversa e multiculturale del sito di Bakchias, confermata dalle parole dell’autore, secondo cui "[...] il bilinguismo greco/egiziano presente nei testi scritti e la coesistenza di linguaggi figurativi così diversi testimoniano in maniera assai eloquente dell’esistenza in età tolemaica e romana di una società multiculurale".
L’opera, edita da "La Mandragora", è corredata da una notevole serie di tavole topografiche e di riproduzioni bidimensionali di alcuni dei reperti descritti che favoriscono la contestualizzazione di determinati passaggi narrativi.