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"I Giacobini" di Federico Zardi, seconda parte

Prosegue fino al 20 giugno (ore 21) Aula Absidale di S.Lucia, via Dè Chiari 25/A Bologna con la regia di Arnaldo Picchi, i "Giacobini -  parte seconda".
Prosegue fino al 20 giugno (ore 21) Aula Absidale di S.Lucia, via Dè Chiari 25/A Bologna con la regia di Arnaldo Picchi, i "Giacobini -  parte seconda". elaborazione dalla "pièce" scritta da Federico Zardi intorno al 1955, già rappresentato nel 1957 al Piccolo di Milano con la regia di Strehler e divenuto negli stessi anni il tema di uno dei più fortunati "romanzi sceneggiati" della televisione dell'epoca (l'ingresso allo spettacolo è ad invito).
Già nel febbraio dello scorso anno, in occasione delle celebrazioni del trentennale del corso di laurea Dams, il prof. Picchi, docente di istituzioni di regia, aveva affrontato il testo dei Giacobini. L'allestimento di quest'anno non presuppone né completa il precedente, ma affronta  lo stesso problema da un punto di vista del tutto diverso. Anche questo "Giacobini – parte seconda", come in precedenti occasioni, è stato rielaborato e messo in scena contando sulla appassionata collaborazione di tutta la compagnia, formata dagli studenti del Laboratorio teatrale di Istituzioni di Regia. Sono dunque gli studenti i protagonisti in scena come per le precedenti – e impegnative – messe in scena, dall'"Anfitrione" di Henrich von Kleist, allo spettacolo "Enzo Re", sui testi del poeta e scrittore Roberto Roversi, presentato nel 1999 in piazza S. Stefano.
Il testo narra la storia dei Giacobini, il gruppo che prese il potere in Francia tra il 1793 e il 1794, un momento di grande crisi politica.
Protagonista di questa seconda parte è Billaud-Varenne (un uomo fosco, "cupo e scontroso", "severo, incrollabile", "sanguinario"), spedito senza processo alla Caienna, poi liberato e lì arricchitosi. L'azione di questa seconda parte de "I Giacobini" si svolge tutta sulla nave che porta Billaud varenne a New York, dove intende rifugiarsi nel timore di di dover pagare per la messa a morte di Luigi XVI, che era stato tra i più accesi a sostenere. La pièce è  - in estrema sintesi – la ricostruzione della condanna a morte, da lui stesso decretatata, degli eroi della rivoluzione: i Girondini, Danton e Robespierre. Fantasmi in una lunga e solitaria notte.

Note di scena  di Arnaldo Picchi
I Giacobini di Federico Zardi - 2. a parte (Quadri XXXIV–XXXVI con aggiunte)
Dopo essersi impegnato in prima persona nella 'congiura' che il 9 termidoro anno II della Repubblica (27 luglio 1794) provocò la caduta di Robespierre, Billaud-Varenne, già segretario dell'avvocato Danton, già membro di spicco dei cordiglieri hébertisti – ultrarivoluzionari eredi di Marat – , già membro del grande Comitato di Salute Pubblica (il Comitato Robespierre), che dirigeva la Rivoluzione, Billaud-Varenne (un uomo fosco, "cupo e scontroso", "severo, incrollabile", "sanguinario"), fu messo in un angolo dai termidoriani – quelli che proprio grazie alla sua azione il 9 termidoro si erano impadroniti del potere – e poi mandato senza processo nelle colonie, alla Caienna, luogo di febbri malariche e di morte programmata. Dapprima in un cachot (in cella), poi a piede libero, al confino a Sinnamary, dove si trovò, odiato e maledetto, sempre temuto, in mezzo a uomini di cui lui stesso, un tempo, aveva ordinato la deportazione.

Anni dopo Billaud potè beneficiare dell'amnistia per i politici concessa da Napoleone dopo il colpo di stato del 18 brumaio; ma non se ne servì. Era libero, ma non voleva riconoscere il regime dei Consoli; quindi non tornò in Francia, restò là dov'era. Alla Caienna, con i mezzi di famiglia (non esiste contro di lui alcuna accusa di corruzione per il tempo in cui fu al potere) comprò una piantagione e, a tempo debito, degli schiavi (ne parla in alcune lettere al padre), lui che come capo giacobino aveva votato per l'abolizione della schiavitù. Poi, caduto Napoleone e tornati sul trono i Borboni, tornata la colonia sotto il re (negli anni dell'Impero era stata occupata dai portoghesi), temendo di dover pagare per la messa a morte di Luigi XVI, che era stato tra i più accesi a sostenere, Billaud abbandonò nel 1816 Sinnamary e si rifugiò a New York. Per breve tempo. Poi nell'isola di San Domingo, dove di nuovo comprò piantagioni e schiavi, e dove rimase fino alla fine. Uomo cupo e inaccostabile; Biyò, lo chiamavano i neri; assassino della regina. Il traditore.

Questo racconto riguarda dunque un viaggio per mare, quello di Billaud-Varenne verso New York. In mezzo alla solitudine marina il suo passato è tornato a incalzarlo. La scena è la stiva della nave. E questa è insieme i tre luoghi delle tre diverse e lontane ultime notti di distanti capi rivoluzionari decapitati e sepolti da tempo. Di tutti costoro Billaud fu procuratore di morte. Dei Girondini (novembre 1793), che impiegarono la notte alla Conciergeriecon un banchetto funebre, e delle recite. Di Danton, anche lui alla Conciergerie (aprile 1794), notte furente, perseguitata dall'incredulità. E infine, nel vestibolo del Comitato di Salute Pubblica, l'ultima notte di Robespierre, steso su un tavolo, con la bocca sfigurata da un colpo di pistola e la testa avvolta in una benda (luglio 1794). Al termine del suo viaggio, Billaud è richiamato indietro. Tutto è un'altra volta in discussione un'ora prima del mattino, Ma senza orologio, senza poter sapere a che punto è la notte. Ma che, in ogni caso, si può sperare alla fine. Quando il tempo per quello che si teme è breve; breve. Tutto un poco prima del giorno, dunque. Tutto in un poco; due o tre momenti.

Infine, ho integrato i quadri XXXIV-XXXVI dei Giacobini di Zardi (che è l'oggetto del mio commento e della regia conseguente) con due scene da L'Affare Danton di Stanislawa Przybyszewska; con due scene da La morte di Danton di Georg Büchner; con un passaggio dal Quaderno in folio di Homburg di Friedrich Hölderlin; con una scena del Marat-Sade di Peter Weiss. Le suture che qua e là si sono rese necessarie sono mie.