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Ddl Moratti: i punti critici segnalati dalla Crui

Nel documento approvato lo scorso 29 gennaio, la Crui ha segnalato i punti più problematici della riforma moratti, argomentando le ragioni della sua opposizione al ddl.
Pier Ugo Calzolari E’ un no motivato e argomentato quello che la CRUI, conferenza dei Rettori delle università italiane, risponde al Ministero sul disegno di legge del governo per il riordino dello stato giuridico e del reclutamento dei professori universitari.
Non sono bastate le pur indispensabili modifiche apposte alla prima versione del DDL varato dal Consiglio dei Ministri per far accettare ai Rettori italiani un testo che continua a presentare forti elementi di allarme e preoccupazione. In un documento (Pdf) approvato dall’assemblea della Crui il 29 gennaio scorso sono elencati i punti problematici e i relativi suggerimenti di soluzione avanzati.

La lista dei problemi e delle eventuali possibili soluzioni viene peraltro preceduta da un’affermazione di principio: non deve essere ignorata la natura giuridica del rapporto di lavoro dei docenti universitari e la necessaria tutela del valore primario della libertà della scienza e del suo insegnamento. Inoltre, il ricorso alla delega non deve trasformarsi in discrezionalità.

Secondo la CRUI, i nodi di fondo su cui intervenire sono numerosi, a partire da quella di sostituire la fascia dei ricercatori con contratti di collaborazione coordinata e continuativa. “Una figura di contrattista a termine potrebbe risultare accettabile se le relative retribuzioni fossero almeno di una certa consistenza, e comunque significativamente superiori a quelle degli attuali ricercatori per compensare la precarietà della nuova figura. Ma su questo  non viene fornita alcuna indicazione o garanzia”. Il che si traduce nel rischio che all’università restino solo i giovani meno validi. La CRUI rileva inoltre che esiste già, nella normativa attuale, la figura di giovane ricercatore in formazione, con possibili compiti di didattica integrativa: si tratta del titolare di assegno di collaborazione alla ricerca, posizione che si ottiene solitamente dopo i tre anni di dottorato. Basterebbe, suggerisce la CRUI, ampliare la durata massima degli assegni, portandoli da due a tre anni, rinnovabili una sola volta, o prevedendo cadenze biennali non rinnovabili oltre il sesto anno, e migliorando i compensi.

Secondo punto chiave del provvedimento, l’abolizione del tempo pieno dei docenti. Si dimentica il significato di fondo del tempo pieno universitario, da intendersi un requisito essenziale perché la ricerca sia e resti, nell’intreccio con la didattica, il connotato fondamentale del “mestiere“ universitario. Un terzo punto-chiave del provvedimento è rappresentato dalle nuove forme di reclutamento che si vorrebbero introdurre, basate su procedure di idoneità scientifica unificate a livello nazionale e su successive valutazioni comparative degli idonei a livello delle singole sedi. La CRUI non avanza obiezioni allo schema in sé, ma non può non rilevare “come esso venga applicato, prevedendo che il numero degli idonei sia legato alle richieste delle università e alla garanzia delle relative coperture finanziarie, con una possibile aggiunta di idonei in una percentuale che, in vari casi, non darebbe luogo alla possibile designazione neppure di un idoneo in più”. La CRUI si chiede d’altra parte se non sia giunto il momento di affrontare la questione facendo anzitutto chiarezza sulle diverse problematiche che vi confluiscono, distinguendo i probemi del reclutamento vero e proprio da quelli della carriera e della mobilità dei docenti.

Ancora un elemento importante viene messo in discussione dal provvedimento governativo, ed è l’ipotesi di articolazione del trattamento economico in una parte fissa e una mobile. Non si tratterebbe in sé di un problema se si comprendessero le eventuali nuove procedure, “avendo le garanzie che non si introducano nella gestione degli atenei e nelle responsabilità di chi li conduce elementi di discrezionalità e di personalizzazione, che favorirebbero l’esplicarsi di influenze e condizionamenti, interni ed esterni all’università, del tutto impropri e devianti”.