10 Maggio 2004
Illuminations
Nella traduzione di Adriano Marchetti e con la veste grafica curata da Maurizio Osti arriva in versione italiana “Illuminations”, il capolavoro di Arthur Rimbaud. Una sfida alla polisemia della parola.
Arthur Rimbaud inaugura il cammino di svolta nella poesia moderna. La sua scrittura è atto di fondazione e insieme di liquidazione; è al di là della letteratura, smentendo così ciò che si definisce genio letterario. Rimbaud, scrive Char, “come Nietzsche, come Lautréamont, dopo aver preteso tutto da noi, ci chiede di “ripudiarlo”.
Una delle raccolte in cui ciò risulta più evidente è Illuminations, dove l’autore concentra tutti i temi della sua poetica: i paesaggi, i drammi, gli schemi interpretativi e soprattutto lo stile. La scrittura di Illuminations infatti non è metaforica, né allegorica. Si lancia al di là di se stessa: ciascun ‘pezzo’, ruotante dentro se stesso, è iperbolico, parabolico, ma non si lascia accostare o comparare a nulla. Ogni lettura finisce coinvolta in quella implosione e nessuna interpretazione potrebbe far credere di possedere il significato di ciò che il testo annuncia.
Di fronte a un’opera simile una traduzione non può che inseguire una “letteralità” discreta, senza fare del vocabolo un feticcio, né ricorrere a dubbiosi compromessi. Adriano Marchetti, docente di Lingue e Letterature Straniere Moderne, ha tentato, per conto di Pazzini Editore, di restituire il testo, non in senso assoluto e univoco, ma il più possibilmente equo, conservando l’equivocità dei termini, orientando l’attenzione a cogliere il tenore e il sapore letterale dell’originale, il suo peso semantico, i suoi valori ritmici e sonori, i suoi timbri.
L’operazione tipografica sul testo tradotto ha poi cercato di non ingabbiare le parole nelle tradizionali giustificazioni. L’invenzione grafica di Maurizio Osti procede “attraverso una intavolatura cromatica capace di ospitare un sistema relazionale di elementi mobili, discontinui, dinamici, secondo una suddivisione spaziale poetica imprevedibile, elementare, non aprioristicamente codificata”, scrive Marchetti nella sua introduzione.
Il volume, dunque, è un tentativo di conservare nella traduzione e nella veste grafica l’apertura dell’originale, lanciando una sfida alla polisemia della parola.