10 Giugno 2004
Dalla fiaba al perturbante
Editore:
Alma Mater Studiorum
Attraverso i dipinti del pittore bolognese, dove sogno, realtà, visioni paradossali si fondono, Antonio Faeti ha elaborato un itinerario nel magico mondo della fiaba, ambientato nel Convento di Santa Cristina.
Il percorso favoloso costruito da Antonio Faeti guida alla scoperta della fiaba e della sua complessità attraverso venti quadri, in acrilico su tela, dipinti da Antonio Saliola, pittore bolognese noto per la sua arte intimamente narrativa, fatta di citazioni e allusioni mai immediate.
Apre il viaggio nel mondo della meraviglia il dipinto del 2003, “Il teatro delle fate”: la platea è composta da borghesi opimi, tube inquietanti e cappelli di stile imperiale. Sul palcoscenico fate, folletti e gnomi, ma, al di là della ribalta, si svolge un altro spettacolo, il Perturbante, psicodramma collettivo fatto di sogni orridi e desideri improponibili. Fiaba e fantascienza sono quindi fuse insieme: accanto alla serenità che regna sullo sfondo della raffigurazione, vi è l’inquietudine manifestata dagli sguardi degli spettatori che sembrano trattenere le grida.
La stessa dicotomia di sensazioni compare anche in altri dipinti presenti nel catalogo “Dalla fiaba al perturbante”, come, ad esempio, nell’opera del 1996 “I padroni della notte”. Qui Saliola, visionario e delirante, sembra voler rappresentare una patria adatta a degli “esiliati”. Attraverso l’immagine paradossale della città del dipinto, popolata da orsi, cani e gatti, scaturisce l’inquietudine dell’artista, che sembra vivere in un esilio perpetuo in un mondo concreto e sfuggente insieme. Stesso sentimento di “spaesamento” si ha anche in altre opere, come “Il piccolo genio”, in cui il protagonista sembra un “reduce della vita”, spossato e quasi schiacciato dalla presenza dei libri, che riempono il quadro.
Come il catalogo conferma, la componente essenziale della poetica del Saliola è il costante spostamento dello sguardo: il fruitore delle opere viene esortato a dar senso e a proporre significati secondo una visione privata. Esitanti, in angolo, come la bimba de “L’attesa”, lo spettatore è portato a scoprire se stesso dentro il quadro. Il pittore bolognese, dunque, in anni di lavoro minuzioso, ha composto un mondo ritrovato, dove documenti precisi si confondono nel tempo indefinito delle fiabe. “Attraverso i propri quadri sembra andare verso le radici profonde del fiabesco, là dove i sogni, gli incubi e le passioni nascoste chiedono una risultanza espressiva che apra uno spiraglio luminoso. Il mondo della Favola sembra, così, voler ridiscutere la propria identità, esibendo misteriose radici e tornando a un origine sconosciuta”.