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In Messico, sulle tracce degli Zoque

Alcuni studenti dell’Università di Bologna sono impegnati in una campagna archeologica in Chiapas. Il 30 marzo partirà infatti la nona campagna di ricerca del Progetto Archeologico Rio la Venta (Chiapas, Messico), organizzato dal Dipartimento di Paleografia e Medievistica.
Uno scorcio del Chapas Tra il 30 marzo e il 28 aprile si svolgerà la campagna di ricerca del Progetto Archeologico Rio la  Venta, attivo dal 1997 in Messico, nel Chiapas occidentale, all’interno della riserva naturale della Biosfera El Ocote. Il progetto archeologico, organizzato dal Dipartimento di Paleografia e Medievistica dell’Università di Bologna, dall’Universitad de Ciencias y Artes de Chiapas e dall’Associazione La Venta di Treviso, ha come principale obbiettivo quello di attuare una sorta di censimento del patrimonio archeologico presente nella zona presa in analisi, e fa parte del più vasto Progetto Rio La Venta.

Quest’ultimo è nato, nel 1990, come un progetto speleologico teso a studiare i vari aspetti della relazione tra l’uomo e l’ambiente carsico proprio della regione; in che modo l’uomo si è rapportato ad un ambiente così ostile? Come è riuscito a sopravvivere in questa zona del Chiapas occidentale, dal clima e dalla vegetazione tropicale, attraversata dal Rio La Venta, e da un canyon lungo 84 km e alto 500 m che costeggia i fiume? Tuttavia, le prime spedizioni nella zona, fino ad allora praticamente inesplorata, hanno ben presto portato alla scoperta di alcuni reperti archeologici, rinvenuti all’interno delle grotte che riempiono le pareti del canyon. Le grotte erano infatti state utilizzate, dagli indigeni, come area sacra in cui celebrare rituali ed elargire offerte agli dei dell’acqua che, secondo la maggior parte delle religioni animiste del Centro e Sud America, vivono sottoterra. In seguito a queste prime interessanti scoperte, nel 1997, il Progetto La Venta è si è trasformato  prevalentemente in una ricerca archeologica.

Grazie a questo lavoro di ricerca, è stato individuato un arco di tempo compreso tra il 300 a. C. e il 1500 d. C. in cui la zona è stata frequentata dagli  Zoque, gruppo etnico poco conosciuto ai più ma molto rilevante per la storia del Messico antico. Contemporanei dei più celebri Maya, gli Zoque, appartenenti ad un ceppo linguistico diverso da quello di questi ultimi, colonizzarono la zona in due differenti fasi: dal 600 al 900 d. C., e successivamente dal 1200 al 1500 d. C. Sono state rinvenute alcune centinaia di insediamenti, tra cui quello di El Higo, occupato durante entrambe le fasi di colonizzazione, e dunque costruito, abbandonato, e poi ricostruito dagli Zoque. El Higo era strutturato con un centro monumentale, dove sorgevano alcuni templi, circondato dalle abitazioni. Dai frammenti rinvenuti, che consistono in ceramica e soprattutto in ossidiana, si ipotizza che l’insediamento fosse un’area di lavorazione di fibre vegetali.

Il lavoro di ricerca, a cui ogni anno hanno preso parte una trentina di studenti dell’Università di Bologna e di Ravenna, sarà diretto quest’anno, per la parte italiana, dal dott. Davide Domenici, assegnista presso il Dipartimento di Paleografia e Medievistica, e coinvolgerà sette studenti provenienti dai suddetti Atenei. Come spiega Davide Domenici: "Il progetto archeologico è stato suddiviso in due fasi: la prima, focalizzata nell’esplorazione della zona, ha portato alla luce varie grotte in cui venivano perpetrati riti religiosi. Successivamente, a partire dal 2003, è iniziata la seconda parte del lavoro consistente nell’opera di scavo estensivo di El Higo, uno degli insediamenti localizzati".

La ricerca si concentrerà, quest’anno, sull’analisi dei materiali recuperati durante le due precedenti campagne di scavo nell’insediamento El Higo, e attualmente conservati in un museo. Verranno analizzati anche due individui trovati in una tomba, e probabilmente risalenti al 1200 d. C. "Il progetto" afferma Davide Domenici "è infatti organizzato in modo da affiancare ad un continuo lavoro di esplorazione del territorio, fasi di scavo alternate a periodi di analisi dei materiali reperiti. Si tratta prevalentemente di ceramiche, metalli e tessuti. Di questi ultimi, che rappresentano un reperto molto raro e prezioso, durante il Progetto Archeologico Rio la Venta, ne è stata trovata la più vasta quantità mai reperita in scavi archeologici in Messico".