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Terreni inquinati: come trasformarli in vetro e come biorisanarli.

Grazie all’attività di ricerca del Dipartimento di Scienze della Terra e di Ingegneria, impegnati in un progetto dagli anni ’90, è possibile risanare un terreno inquinato. Brevetto in vendita.
una tipologia di terreno

Pensate che un terreno inquinato da metalli pesanti sia ormai irrecuperabile? Non è così. Un progetto finanziato dal Miur, di cui il direttore del dipartimento di Scienze della terra, Pier Maria Luigi Rossi, è stato responsabile, ha permesso la trasformazione dei terreni contaminati da metalli, tra cui anche l’uranio, in vetro. Un lavoro che ha visto la collaborazione di due dipartimenti dell’Università di Bologna: Scienze della terra e Ingegneria ambientale. A partire dai primi anni ’90 Hera ha messo a disposizione due terreni inquinati dell’area ravennate per un totale di circa 140 metri cubi.

"Abbiamo ottenuto eccellenti risultati" -spiega Rossi- "dopo diverse prove con vari tipi di terreno, siamo riusciti a vetrificare sul posto il terreno inquinato. Ora il compito di portare avanti il progetto spetta ad un processo industriale." Proprio in questi giorni, infatti, si sta valutando l’ipotesi di vendere ad Hera il brevetto. Un progetto di notevole importanza che consente non solo di risanare un terreno, ma anche di produrre un materiale utilizzabile e riciclabile.

Ma com’è possibile ricavare da un terreno contaminato e altamente nocivo per la salute dell’uomo dei blocchi di vetro? L’esperimento si attua grazie all’innalzamento della temperatura oltre i 1500 gradi centigradi, che permette la fusione del materiale, per effetto joule (riscaldamento dovuto al passaggio di corrente elettrica). Il successivo e rapido raffreddamento porta alla trasformazione in vetro. Un lavoro di ricerca innovativo cui hanno partecipato seguendo un corso di alta formazione professionale sei laureati nel campo tecnico scientifico.

Un progetto che non si ferma alla trasformazione dei terreni inquinati da metalli in vetro, ma che ha visto i dipartimenti dell’area scientifica dell’Alma Mater impegnati in una secondo tema, quello del risanamento dei terreni contaminati per via organica attraverso un processo biologico batterico. Ciò ha permesso di sviluppare una metodologia integrata a supporto delle attività di progettazione del biorisanamento dei terreni inquinati. La realizzazione di un intervento a scala reale ha dimostrato l’efficacia, la sicurezza e la compatibilità ambientale della tecnologia sviluppata.

"Il nostro auspicio – prosegue Rossi – è che si mantenga vivo l’interesse per quanto conseguito e che possa esserci una proficua collaborazione tra pubblico-privato". Dato il carattere interdisciplinare del progetto, che ha visto confrontarsi l’Università con Enti di Ricerca pubblici ed industriali e che ha dato vita ad un incontro sinergico di linguaggi e competenze, ci si augura di poter procedere nella stessa direzione al fine di una migliore qualità della vita.