Tiziano Terzani aveva un solo rammarico quando capì che la morte era più interessante della cura. La sua penna non avrebbe potuto raccontare quell’estrema esperienza. "Mi incuriosisce di più morire, il problema è che non riuscirò a scriverne", dice lui stesso in Anam, il Senzanome, l’ultima intervista che concesse parlando da Orsigna, il suo approdo nell’Appennino toscano, pochi mesi prima di morire. "Due giorni di dialogo nei quali credo che Tiziano abbia dato il meglio di sé per lasciare una testimonianza non solo verbale, ma visibile sull’America, sul giornalismo, sulla guerra, sulla morte e, in definitiva, sulla stupidità umana", dichiara l’autore di quell’intervista, il giornalista Mario Zanot, che, assieme alla moglie di Terzani, Angela, sarà a in Aula Absidale a Bologna (via de’ Chiari 25/a) per presentare il Dvd con l’intervista e le email che la precedettero. Cinquanta minuti di filmato che saranno proiettati a partire dalle 17.30 di giovedì 16 giugno alla presenza del Rettore Calzolari.
L’idea originale era di realizzare un film ispirato a Un indovino mi disse, il libro in cui Terzani racconta le esperienze di una anno trascorso senza mai volare in ossequio alla profezia di un indovino che gli aveva prefigurato un incidente aereo nel corso del 1993. Quel libro, in cui Tiziano scopre che "i fatti che nessuno racconta in realtà esistono", segna il definitivo allontanamento da una professione in cui non credeva più: "è – commenta Zanot – lo spartiacque tra il Terzani giornalista e il Terzani scrittore". L’idea era di realizzare un’intervista viaggiando assieme a Terzani lungo il Mekong, ma Tiziano non poteva viaggiare più e lui, che aveva già rifiutato di rispondere a molti giornalisti famosi, voleva continuare a lasciare inviolata la pace della sua Orsigna: "Preferisco ritirarmi nel mio guscio come una tartaruga per concentrarmi su di me", diceva a Zanot. "Lasciami almeno registrare una risata", insistette però il giornalista. "Quella richiesta – spiega ora Zanot – è stata un turning point. Noi né famosi, né raccomandati avevamo capito la cifra di un uomo che amava essere interpretato. Un uomo a cui un sorriso aveva già salvato la vita una volta in Cambogia".
Terzani alla fine concesse molto più di un sorriso. Due giorni di testimonianze sulla sua malattia, sulla ricerca di una cura, sulla politica americana, sul giornalismo, sulla religione, sull’economia e sulla morte. "Io credo che ci sia un filo conduttore in tutte queste riflessioni", dichiara ancora Zanot: "Il suo modo sublime di toccare argomenti così disparati ha sempre due costanti: da un lato la tolleranza, dall’altro la convinzione che una rivoluzione, per essere tale, deve nascere dentro se stessi. C’è in Terzani la voglia di essere profondamente coerenti ed è un desiderio che nasce in Tiziano ma che poi si espande".
L’ultimo giro di giostra, il libro in cui Terzani racconta i suoi sette anni con il cancro, è di nuovo in testa alle classifiche e il Dvd Anam, il Senzanome vende più dell’album di Vasco Rossi. "Un uomo che doveva precipitare nell’oblio – spiega Zanot – sta diventando un’onda. A Bologna ci piacerebbe quindi parlare di quello che Tiziano è e di quello che Tiziano sarà, per catalizzare tutta l’energia che c’è attorno al lui". Attorno a quell’uomo che la moglie Angela accompagnò sull’ultimo volo per Saigon, da dove già tutti i giornalisti erano fuggiti, "perché – gli disse alimentando quel rapporto di grandi presenze e di grandi assenze – preferisco averti morto che farti perdere la tua storia".