Autore: Gerardo Guccini (a cura)
Editore: Dino Audino Editore
Prezzo: 16 Euro
Il teatro-narrazione come risposta e superamento della crisi post-moderna. Il narratore come sintesi umana della capacità di intrattenere e insieme coltivare la memoria popolare e collettiva. È in questo doppio ritorno, al racconto come recupero di un sapere passato e spesso antico e all’attore/autore come baricentro di tale racconto, che si concretizza il successo recente di questo "quasi-genere", in cui il teatro, i suoi spazi e le sue possibilità scenico-performative sono reinterpretate e inventate di continuo.
La bottega del narratore (Dino Audino Editore), il volume curato da Gerardo Guccini, docente di Storia del teatro e dello spettacolo al DAMS dell’Università di Bologna, se ne occupa da vicino, raccogliendo testi di alcuni dei maggiori protagonisti nel teatro-narrazione e del teatro civile italiano: Marco Baliani, Ascanio Celestini, Laura Curino, Marco Paolini e Gabriele Vacis. Testi narrativi inediti, ma anche documenti e racconti dell’esperienza che questi autori/attori/registi hanno maturato nei laboratori di narrazione condotti in questi anni. Il risultato è uno spaccato di vita del nostro teatro, una storia corale, fatta di voci diverse, in cui la narrazione diventa il centro sensibile dello spettacolo; la memoria di vicende e fatti passati una pratica necessaria per riannodare i fili della cittadinanza e della consapevolezza civica.
Si accompagna a tutto questo la riflessione di Guccini che verte su due temi centrali. Da un lato, il rapporto dei narratori con l’ecologia del teatro di questi decenni e dunque le affinità e le contrapposizioni con le avanguardie. Dall’altro la necessità del teatro-narrazione, ovvero le ragioni che ne hanno determinato la messa a punto. Qui è fondamentale il riequilibrio tra i diversi elementi costitutivi del teatro: l’attore rispetto alla regia, ma anche alla drammaturgia; e anche i motivi dell’affermazione dei narratori, che vanno cercati soprattutto fuori dal teatro, nel rapporto con il pubblico (e con l’orizzonte dei media).
Guccini individua correttamente il paradosso di autori-attori che si formano in un ambiente teatrale anti-narrativo e sperimentale e fanno però ricorso a una forma e a un sapere arcaici. Ne sono un segno chiarissimo i titoli dei capitoli del volume, ciascuno dedicato ad un autore: L’arte di narrare, la memoria dei sensi, il teatro è narrazione, una nuova letteratura orale. Si tratta di un discorso coerente ed organico che, nel guardare da vicino – dall’interno – un fenomeno, ne segnala i problemi, i punti critici.
"Così – scrive Guccini -, nonostante il narrare sia una funzione sociale radicata tanto nelle culture popolari quanto nelle forme dello spettacolo, le originali espressioni di narratività che si sono prodotte nell’ambito dell’innovazione teatrale […], hanno avuto carattere si svolta e di scoperta. A renderle possibili sono stati gli straordinari investimenti culturali e lavorativi che alcuni uomini di teatro hanno compiuto nei riguardi delle proprie capacità narrative, trasformandole da evanescente retaggio mutuato da imprinting adolescenziali o dal contatto con i bambini nell’ambito del teatro-ragazzi, nel fondamento di una teatralità matura, capace di assorbire e modellare nella composizione dell’atto narrativo le spinte e i bisogni del periodo storico, l’umanissima aspirazione a far esistere quanto ancora non c’è o si è già dissolto".
Tutto, insomma, ruota intorno al lavoro dell’autore sulla propria capacità di farsi interprete delle proprie parole. Ovvero sul legame, istituito dal teatro-narrazione, tra scrittura e racconto orale, tra raccolta e diffusione, in cui il narratore modula il flusso del racconto, lo intreccia al proprio vissuto, ai propri sensi e alla propria sensibilità. Facendolo proprio e regalandolo a pubblico.