Dalla raccolta delle esigenze al confronto. Dal lavoro con il Gruppo Etico (composto da Gianfranco Morra, Emanuele Cacciari, Renzo Canestrari, Paolo Guidicini, Alberto Ripamonti, Luisa Altieri Biagi, Sante Tura) al confronto con il dottor Morris Montalti, assegnista di ricerca. Proprio Montalti in un saggio che verrà pubblicato su Amministrare del Mulino (n. 3, 2006) ha spiegato la genesi e i fondamenti teorici del codice etico bolognese. "La crescente e diffusa esigenza, da parte di molti atenei, di dotarsi di codici etici – si legge nel saggio - conferma l’importanza della componente valoriale anche nei settori dell’istruzione, formazione professionale e ricerca scientifica, e più in generale nelle organizzazioni che partecipano alla funzione educativa e contribuiscono allo sviluppo della società".
Base di partenza sono le riflessioni di Zygmunt Bauman che considera la necessità di un approccio nuovo, post-moderno per la questione etica nella nostra società. Secondo il sociologo tedesco i grandi temi etici (dalla giustizia sociale ai diritti umani passando per la conciliazione di condotta individuale e bene comune) lungi dal perdere attualità, vanno piuttosto affrontanti in modo nuovo: attraverso regole concordate e perciò in grado di guidare la condotta reciproca. Con queste premesse teoriche e dopo alcuni mesi di intenso lavoro, il 30 maggio scorso, con voto unanime da parte del Senato Accademico, il Codice etico di Ateneo ha visto la luce.
Pro Rettore Gambetta, da cosa è nata l’esigenza di un Codice etico di Ateneo?
Vede, il problema dei comportamenti etici nelle università è un problema molto sentito in Europa. Negli Stati Uniti e in Australia è un tema già trattato da anni. In settembre, per esempio, un convegno promosso dall’Ocse a Parigi ha affrontato proprio questi temi: quelli dei valori etici e dei codici etici negli atenei.
Una spinta venuta dall’esterno quindi, per uniformarsi a quanto avviene in Europa?
Sì. Ma anche una spinta interna. Da un lato, a livello per così dire più basso, ci sono fenomeni come il nepotismo o i conflitti di interesse di cui parlano ad esempio i giornali, che enfatizzano casi limite dando un’immagine distorta degli Atenei. Dall’altro, a livello più generale, c’è il problema della responsabilità degli atenei nei confronti della società.
Spesso nel Codice si fa riferimento alla funzione educativa dell’Università.
Il codice etico è un elemento che deve essere condiviso e per tanto rende prescrittivi alcuni valori. Ma è anche un’occasione per riflettere su determinati valori e sul ruolo delle università nella società. E’ questa la spinta per cui in Europa si riflette su queste tematiche. E io credo sia oltremodo importante anche in Italia, dove c’è un generale scetticismo per la condivisione di valori e l’impegno per l’istituzione per cui si lavora.
Nel Codice vengono affrontati problemi di carattere generale come le discriminazioni, gli abusi sessuali, ma anche specifiche tematiche del mondo accademico.
Sì per esempio la libertà accademica, il cui uso corretto e responsabile è sicuramente imprescindibile per questa istituzione. Ma che si può spingere anche fino ad entrarne in conflitto se non è gestita in modo consapevole. E ci sono anche altri casi. Pensi ad esempio al conflitto di interessi o alle questioni legate alla proprietà intellettuale delle ricerche. Le norme legislative in questo ambito sono tese a proteggere il singolo. Ma c’è sempre da parte del docente o del ricercatore la consapevolezza del ruolo svolto nella scoperta, ad esempio, da Dipartimenti e da altre strutture dell’Ateneo?
E il fenomeno del nepotismo?
E’ un caso particolarmente delicato. Colleghi a questo proposito hanno avanzato la critica che il codice di fatto lo presuma, mentre fino a prova contraria si deve presumere l’innocenza e non la consapevolezza. Ma in questo caso le alternative possibili sono soltanto due. Il nepotismo o lo si accetta o lo si presume, e in qualche modo lo si scoraggia. Questo è il messaggio forte che si vuole dare con il codice etico.
Quali sanzioni sono previste?
Un codice etico non può prevedere sanzioni, quelle ci sono ovviamente nel caso in cui ci siano abusi disciplinati dal codice civile o da quello penale. Ma se non esistono sanzioni ci sarà comunque modo di far valere l’adesione o meno a questi valori. Ad esempio nella valutazione da cui poi dipendono l’attribuzione delle risorse, le carriere. Sanzioni non premianti, che possono avere conseguenze sia sui singoli che sulle strutture.
Chi sarà incaricato di far rispettare il Codice?
Una commissione etica che verrà nominata entro la fine dell’anno. Stiamo valutando la possibilità di attingere al bacino dei professori emeriti.
Quali le iniziative per farlo conoscere?
Ci saranno diverse iniziative. Verrà consegnato ai neoassunti in forma cartacea e inviato in posta elettronica a tutto il personale. Ci sarà anche la possibilità di mandare osservazioni e commenti. Inoltre stiamo traducendo il testo, sia per pubblicarlo sul Portale inglese, sia per soddisfare le richieste di molti atenei che ce l’ hanno richiesto.
Sono previsti altri codici?
Il Codice etico è una sorta di costituzione. Da questo potranno discendere altri codici specifici. Come ad esempio uno sul mobbing o uno per gli studenti che disciplini, tra l’altro, il rispetto per i luoghi o il plagio.