Autore: Maria Giuseppina Muzzarelli e Lucia Re (a cura)
Editore: Clueb
Prezzo: 22 Euro
Il cibo e le abitudini alimentari, il piacere gastronomico e la soddisfazione dell’appetito. C’è tutto un sistema fitto e sottile di rapporti, codici e riti che fa dell’universo gastronomico un luogo sensibile della vita e della cultura. Come hanno sostenuto antropologi e sociologi notissimi, primo fra tutti Claude Lévi-Strauss, il cibo e le pratiche che interessano la sua assunzione, costituiscono sistemi di comunicazione, linguaggi e dispositivi simbolici in cui prendono forma le strutture sociali, le distinzioni di classe e i rapporti ideologici.
Parte da questa consapevolezza il lavoro degli autori di "Il cibo e le donne nella cultura e nella storia. Prospettive interdisciplinari" (Clueb, Bologna) curato da Maria Giuseppina Muzzarelli e Lucia Re. Considerare la dimensione del cibo e della tavola come fatti culturali consente loro di porsi una questione spesso trascurata dagli studi in questo campo: quale rapporto, nella storia, ha tenuto insieme le donne e il cibo?
Ripercorrere il filo di questo legame, intrecciando arte, gastronomia, letteratura e religione, allo scopo di ricostruire una storia del cibo dal punto di vista del genere. O, più provocatoriamente, una storia al femminile dal punto di vista del cibo.
Si va, così, dall’idea primigenia e biblica della donna come fonte del nutrimento alla figura femminile disegnata dal Cantico dei Cantici come frutto da gustare, fonte di godimento e piacere sensuale, fino alle teorie scolastiche e non solo sul corpo, lo spirito e la coscienza, per le quali la donna rimane interamente dal lato della corporeità, del "mero involucro" in una ambigua equivalenza tra appetito e appetito sensuale. Non deve stupire, allora, se da molti piaceri della tavola, come quello del vino, le donne resteranno a lungo escluse, più vicine allo status di cibo che a quello, maschile, di commensale. Il nesso tra donna come nutrimento erotico e come nutrice, peraltro, è perfettamente evidente in tutta la pittura europea, dal Medioevo al ‘700. In questo senso, l’indagine del volume conduce dritti alle esperienze celebri dei libertini, su tutti Don Giovanni e Casanova, grazie ai quali il rapporto tra donna e cibo subisce nuove trasformazioni. È il racconto del seduttore veneziano a dimostrare, infatti, quanto lo scarto dalla regola sociale che voleva la donna spesso esclusa dal banchetto, possa diventare trasgressione e fonte di piacere; così egli si esprime su Lia, sua amante ebrea "è non solo una buongustaia ma ha un eccellente appetito e pochi scrupoli anche nel consentire di nascosto piatti vietati dalla sua religione".
Cibo e trasgressione, ma anche controllo sociale, emarginazione delle donne da un lato, e dall’altra strumento di protesta e di presa di coscienza. Continua lungo questo percorso la lettura degli autori del volume, con uno sguardo sulla società dello spettacolo in cui il piacere del cibo da parte delle donne diventa espressione di lusso ed eccesso, come raccontano, dagli schermi, i messaggi pubblicitari televisivi. Bagni nel latte o nella cioccolata per ribadire, dal lato della moda, l’accoppiata tra gusto e sensualità, ma anche le degenerazioni e i disturbi alimentari che proprio da rappresentazioni eccessive orginano e si diffondono tra le giovani donne occidentali.
Un percorso lungo e contraddittorio, insomma, che non ambisce ad esaurire un tema così complesso, ma dà inizio ad un campo di ricerca rimasto troppo a lungo deserto; una mancanza sul ruolo fondamentale della donna nella storia del cibo e della nutrizione così forte da far pensare, fino ad oggi, ad una colpevole rimozione.