C'era una volta un giardino, verde e rigoglioso. Sette ettari di alberi e piante, che dall'Accademia di Belle Arti si aprivano verso nord fino a raggiungere il limitare del centro storico di Bologna. Un lungo viale centrale attraversava i prati fino a raggiungere la Palazzina della Viola. Due vie laterali si allargavano diagonalmente verso sinistra e verso destra, terminando l'una nell'Orto Botanico, nell'Orto Agrario l'altra.
Non è una leggenda e nemmeno un progetto fantasticato ma mai realizzato. E' invece l'immagine del Giardino Botanico dell'Università di Bologna nel XIX secolo: una pianta a tridente, d'ispirazione francese e neoclassica, che regolava un ampio spazio verde situato al centro della nuova area dello Studio Bolognese, dopo il trasferimento, nel 1803, dall'Archiginnasio a Palazzo Poggi.
Ed è proprio la planimetria che mostra questa inedita e sorprendente faccia ottocentesca del Giardino Botanico, disegnata dall'architetto Gian Battista Marinetti, ad aprire la mostra fotografica "Storia di un Giardino Botanico. L'Orto Botanico dell'Università negli ultimi due secoli", inaugurata lo scorso 8 maggio e visibile fino a sabato 30 giugno (dal lunedì al venerdì, ore 10-16; sabato, ore 10-15 - ingresso gratuito). All'interno del Giardino (Via Irnerio, 42), la Serra Lodi ospita quattordici pannelli che attraverso un'ampia serie di foto storiche, molte delle quali inedite, raccontano le vicende degli ultimi due secoli di vita di questo spazio verde che ancora oggi si apre nel centro cittadino di Bologna.
"Le notizie sulla storia del Giardino Botanico in nostro possesso erano quasi inesistenti - spiega Anna Letizia Zanotti, Prefetto dell'Orto Botanico e docente presso il Dipartimento di Biologia Evoluzionistica Sperimentale, che assieme a Fulvio Zaffagnini ha curato la mostra -. Così, con l'aiuto dell'Archivio Storico dell'Università, siamo riusciti a recuperare diverse fotografie, spesso rare e inedite, che ci hanno permesso di ricostruire fatti e vicende di cui si era ormai persa testimonianza".
Fatti e vicende che raccontano una storia segnata da alti e bassi, che dai fasti delle visite imperiali (Napoleone) e papali (Pio IX) dell'Ottocento, passando per il ridimensionamento e le nuove costruzioni del Novecento, arrivano fino ai bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale e al periodo di abbandono che ne è seguito. Il Giardino Botanico, infatti, oggi curato e completamente restaurato, ha attraversato durante il secolo scorso un periodo di degrado e abbandono, superato solo a partire dagli anni '60, sotto la direzione di Felice Bertossi. "Ci sono testimoni - dice ancora Anna Letizia Zanotti - che raccontano come gli studenti entrassero nel Giardino passando tra le ortiche, lungo uno stretto sentierino che raggiungeva l'Istituto Botanico. Adesso la situazione è completamente diversa: per l'area verde c'è voluto diverso tempo, perché curare e sistemare un giardino richiede tempo, e anche i restauri delle serre e degli edifici, dopo diversi anni, sono ormai conclusi".
Seguire il percorso storico illustrato dalla mostra, allora, è seguire l'evolversi e il mutare delle forme dell'Orto Botanico, è riscoprire negli edifici decorazioni oggi scomparse, è ammirare la forma neoclassica della vecchia serra e vederla, qualche foto più avanti, mutilata dai bombardamenti, è prestare attenzione ai dettagli, ma è anche contemplare l'insieme, nel suo intreccio di edifici, alberi, piante, vegetazione. Un'opera di recupero storico non certo facile, ma senza dubbio necessaria. E ancora non del tutto completa. "Mentre per quel che riguarda il Novecento siamo riusciti a recuperare diverso materiale, parte del quale è anche rimasto fuori dall'esposizione - racconta infatti Anna Letizia Zanotti - per quel che riguarda l'Ottocento le testimonianze sono quasi inesistenti. Del grande Giardino Botanico che si estendeva per sette ettari e comprendeva l'Orto Botanico e l'Orto Agrario sappiamo per certo che è esistito, abbiamo progetto e mappa catastale, ma mancano testimonianze visive, fotografie, dipinti". Quell'area verde che occupava buona parte della nuova zona universitaria nel XIX secolo, allora, resta sospesa tra la realtà dei documenti storici e l'immaginazione del visitatore. Nell'attesa, perché no, di nuove ricerche e nuove scoperte.