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Il Rettore sulle vicende del S.Orsola

Il Rettore interviene in merito alle questioni sollevate dalle indagini della Magistratura su alcune vicende della Facoltà di Medicina e Chirurgia di Bologna
Il Rettore Pier Ugo Calzolari Intervengo sulle questioni sollevate dalle indagini della Magistratura su alcune vicende della Facoltà di Medicina e Chirurgia di Bologna per qualche commento agli aspetti di fondo che la vicenda ha portato in prima linea. Desidero invece ignorare i dettagli, i pettegolezzi, le illazioni e le accuse avventurose che hanno ricevuto ampio spazio in questi ultimi giorni.

La prima considerazione si riferisce alla nomina del Direttore Generale dell’Azienda Sant’Orsola-Malpighi. Essa è avvenuta nell’assoluto rispetto delle norme, che vogliono che la proposta parta dalla Regione e che ottenga il consenso dell’Università: e questo è, semplicemente e sostanzialmente, ciò che è accaduto. Va detto, inoltre, che l’Università condivise le motivazioni che consigliavano l’avvicendamento, presentate a suo tempo dall’Assessore. A diciotto mesi di distanza i risultati della gestione e le innovazioni introdotte confortano la decisione assunta.

Una seconda considerazione va riservata a questa nostra Facoltà di Medicina e Chirurgia, che un certo giustizialismo temerario vorrebbe assimilare (estendendo poi la sanzione a tutta l’Università) ad un cumulo di macerie. Così facendo, non ci si rende conto del danno immenso che si reca ad una grande istituzione di formazione e ricerca della quale tutta la società continuerà ad avere bisogno e a cui si affida quotidianamente con fiducia. Certo, sono state identificate situazioni che vanno emendate ed altre che vanno proscritte, anche per difendere l’immagine dell’Istituzione: ma nessuno può ignorare lo sforzo condotto negli ultimi sei anni e i risultati conquistati in termini di riconoscimenti scientifici e di valutazioni internazionali.

Anche la generalizzazione sulla perversità di tutti i concorsi universitari è un triste abbaglio. Nell’Ateneo bolognese sono centinaia i concorsi pienamente regolari che si svolgono ogni anno e alcune migliaia quelli che si effettuano in Italia: affermare che tutto il sistema è contaminato alla radice è profondamente ingiusto, rende più difficile l’individuazione dei rimedi e rischia addirittura di legittimare situazioni o comportamenti deviati. Qualcuno insiste sulla tesi della singolarità comportamentale della Facoltà di Medicina, ma questo lascia pensare che questa tesi venga usata in realtà come anticamera per nuovi assetti istituzionali: in chiaro, per la fuoruscita della Facoltà dall’Università.

E’ certamente possibile aumentare le garanzie per un corretto svolgimento, per esempio tornando al periodico concorso nazionale e puntando a commissioni partecipate da esperti stranieri. Non esiste tuttavia un assetto che fornisca una garanzia assoluta se vogliamo continuare ad affidare alla comunità scientifica la libertà di autoselezionarsi come accade in tutto il mondo occidentale, sia pure, per la Facoltà Medica, sulla base di una programmazione concordata con l’azienda e di profili scientifico-professionali corrispondenti alle esigenze scientifiche e assistenziali.

La vicenda dei concorsi di Bologna e alcuni commenti da essa suscitati hanno evocato la questione della responsabilità del rettore. Con un sbrigativo corto-circuito giuridico c’è stato chi ha stabilito che se alcuni concorsi sono stati inquinati, la responsabilità non può non ricadere anche sul rettore. Ignorando questi sommari verdetti, qualcuno ha potuto legittimamente pensare che al rettore sia effettivamente possibile vigilare sui lavori interni delle commissioni e, addirittura, sulle operazioni che eventualmente si sviluppano all’intorno, senza valutare, tuttavia, che l’azione del rettore darebbe luogo automaticamente ad un’inevitabile interferenza.

Il rettore ha il potere di controllo sulla rispondenza alle norme degli atti finali delle commissioni. Nel corso dei lavori delle commissioni o, nell’imminenza di questi, deve dosare con attenzione i suoi interventi per evitare il rischio di indebite intromissioni. E’ da questa situazione di singolare delicatezza che può derivare in un osservatore esterno la sensazione di una grande prudenza.

Solo quando al rettore risultino fatti incontestabili o apertamente denunciati, allora l’intervento diventa obbligato e a questa esigenza, verificatasi oggettivamente assai di rado nella mia esperienza, non mi sono mai sottratto.

L’ultima questione che vorrei commentare è quella dei rapporti della ricerca medica con l’industria farmaceutica. Va esorcizzato il rischio che la legittima preoccupazione per la possibilità di degenerazione dei rapporti si trasformi in una sorta di bando indiscriminato, laddove, viceversa, il collegamento con l’industria sanitaria è indispensabile per l’avanzamento della ricerca medica e il progresso dei servizi per la salute, non soltanto per il supporto finanziario che può derivarne. Tale bando indiscriminato travolgerebbe anche le donazioni ispirate a puro mecenatismo che non mancano nemmeno nel nostro ambiente.

Il tema coinvolge piani etici di livello fondamentale, che sollecitano le università e le aziende ospedaliere ad atteggiamenti molto severi nei riguardi di accertate deviazioni dalle regole deontologiche e che invitano all’adeguamento continuo della loro iniziativa. Su questo secondo versante è necessario ricordare che, con l’obiettivo di aumentare la trasparenza e le garanzie per la società, il Policlinico Sant’Orsola-Malpighi e l’Università hanno di recente stabilito nuove norme per regolare più efficacemente i possibili conflitti di interesse tra ricerca, industria e società.

E’ utile altresì ricordare che Policlinico e Università si sono fatti promotori di corsi di formazione dedicati a questo tema e rivolti agli studenti del 5° anno e di altri ancora per i professionisti del Policlinico. Ancora una volta, tuttavia, non possiamo illuderci di potere scoprire la formula della garanzia assoluta: è nostro compito, tuttavia, tentare di costruire le migliori condizioni perché la nostra ricerca rifugga dalla compromissione con interessi che non si identifichino esclusivamente con quelli della scienza e del paziente.

E’ inutile dire che queste vicende e soprattutto il variopinto corollario che le ha accompagnate hanno reso più difficile il nostro lavoro. Esprimo tuttavia la ferma intenzione di fare tutto ciò che è nelle nostre possibilità per aumentare le garanzie di trasparenza. Con l’occasione intendo ribadire la completa fiducia mia personale e dell’Ateneo sull’opera che la Magistratura sta svolgendo.