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Come lo Stato ci finanzia

Un intervento del prorettore per l'innovazione gestionale Marco Depolo sulle novità del fondo di finanziamento ordinario delle università
Come lo Stato ci finanzia Come vengono finanziati gli Atenei italiani?
Per poter valutare i cambiamenti introdotti nei criteri di riparto del Fondo di Finanziamento Ordinario (FFO) destinato alle università, è necessario risalire al 1995, quando l’assegnazione ai singoli Atenei venne determinata in proporzione ai costi del personale. Tale operazione andò a favore degli Atenei con tanto personale e penalizzò fortemente quelli con poco personale giovane. Negli anni successivi, dal 1995 al 2003, venne introdotto il concetto di "riequilibrio", attraverso un meccanismo che prevedeva che ciascun Ateneo versasse una percentuale fissa della propria assegnazione in un fondo comune da re-distribuire secondo un modello teorico di fabbisogno. Il modello era stato pensato in modo che gli atenei sovra-finanziati ricevessero meno di quanto avevano versato e quelli sotto- finanziati più di quanto avevano versato al fondo. Il modello fu revisionato negli anni e consentì di re-distribuire una quota di risorse crescente, che passò dal 1,5% del 1995 al 9,5% del 2003.

In tale anno il modello venne messo in discussione, in quanto la riduzione del finanziamento per alcuni Atenei aveva determinato l’impossibilità di fronteggiare gli incrementi stipendiali. Intervenne la CRUI, proponendo da un lato di ripartire le risorse disponibili in proporzione all’FFO ricevuto l’anno precedente, dall’altro di destinare una quota incrementale di risorse alle sole università sotto-finanziate, in proporzione alla distanza da un punto di equilibrio - anch’esso determinato su un modello di fabbisogno teorico (modello CNVSU). Anche tale modello non ha sortito gli effetti sperati, se si pensa che già nel 2006 le risorse destinate al riequilibrio non furono incrementali, ma sottratte al finanziamento storico e che nel 2007 l’ammontare totale dello squilibrio del sistema universitario (determinato come sommatoria degli scarti - in termini di sovra o sotto finanziamento - di ciascun ateneo dal punto di equilibrio) ha raggiunto i 400 milioni di euro La storia dei finanziamenti pubblici cumulati 1996/2007 mostra le differenze tra Regioni con atenei sovra finanziati (Sicilia +974 milioni di Euro; Lazio +797; Campania +554; Liguria +297; …) e quelle sotto finanziate (Lombardia -954; Piemonte -549; Veneto -493; Emilia Romagna -448; …) (cfr. Ballio, Bologna Forum, 15.03.2008).

Dal 2000, oltre alla quota storica e a quella di riequilibrio, fu introdotta un’ulteriore quota, legata ad obiettivi predeterminati, per attribuzione di appositi incentivi, in tale quota ricade ad esempio l’assegnazione agli Atenei che hanno un rapporto inferiore al 90% tra assegni fissi del personale (all’incirca, gli stipendi) e FFO.

Nella sostanza, fino al 2008 il riparto è stato fortemente basato su criteri storici, in minima parte su criteri volti a stimare il fabbisogno finanziario teorico (ovvero a prescindere dalle assegnazioni storiche) e sempre in minima parte sulla base di incentivi specifici.

Quest’ anno i criteri di riparto del FFO vedono l’introduzione, accanto ai criteri già presenti negli anni precedenti e confermati, di un significativo cambiamento dal punto di vista di metodo, in quanto si attua una consistente redistribuzione (7% della quota complessiva del FFO e del fondo interministeriale di 550 milioni previsto per il triennio 2008-2010, per un totale di 523 milioni di euro) in base ad indicatori di performance.

Per avere un’idea dell’impatto di tale manovra per Unibo, bisogna considerare la differenza tra il suo peso attuale sull’intero finanziamento storico del sistema universitario (5,5%) e il suo peso determinato dal posizionamento relativo ai parametri di performance (6,4%): questa differenza corrisponde in valore assoluto a circa 5 milioni di euro. Oltre agli evidenti effetti finanziari, va segnalata una seconda innovazione di metodo: ogni Ateneo ha avuto la possibilità di conoscere, attraverso l’accesso a un sito riservato, il proprio posizionamento su ciascun indicatore rispetto agli altri Atenei. Questa classifica, grazie alla navigabilità dei dati fino al livello elementare del corso di studio, è visibile anche con riferimento alle singole facoltà dell’Ateneo e consente di determinare quanto ciascuna di esse ha concorso a determinare l’assegnazione complessiva relativa alla quota premiale. L’Ateneo di Bologna, già da tempo impegnato in operazioni di trasparenza di questo genere, che trovano un esempio nella reportistica comparativa degli indicatori di performance di Facoltà, intende rendere noti ai Presidi tali dati; inoltre è favorevole a studiare le forme di una loro pubblicizzazione, che potrebbe rappresentare un’operazione di trasparenza a favore degli studenti e delle famiglie che si rivolgono al sistema universitario.

Il dibattito sulla stampa.
Meritano un cenno infine gli aspetti che riguardano gli strumenti utilizzati per operare tale redistribuzione, ovvero gli indicatori selezionati dal MIUR, che hanno rappresentato il principale argomento su cui si è concentrata l’attenzione dei media. Se da un lato alcuni indicatori considerati misurano aspetti fondamentali di valutazione della qualità della didattica e della ricerca (crediti acquisiti dagli studenti, quanti studenti concludono gli studi nei tempi previsti, occupabilità, valutazioni CIVR sulla produzione scientifica, capacità di attrarre finanziamenti esterni) e della presenza di docenza strutturata adeguata rispetto all’offerta formativa (quanti docenti di ruolo sono assegnati a coprire insegnamenti in settori scientifico-disciplinari di base e caratterizzanti) dall’altro vanno segnalati molti aspetti di miglioramento, tra cui:

- la presenza di dati che, ancorché certificati dai Nuclei di Valutazione, non provengono da basi di dati centrali: per questi si auspica che il MIUR dedichi attenzione e rigore nel valutarli;
- l’incapacità di alcuni dei dati di cogliere tutte le differenze di tipo territoriale e strutturale degli atenei;
- la mancanza di dati aggiornati sulla ricerca produttività scientifica e sulla attività di ricerca in generale.

Va ricordato che, mentre il 7% premiale è stato distribuito soltanto sulla base di criteri relativi alla didattica e alla ricerca, l’intero FFO che ogni Ateneo sta per ricevere dipende anche dalla sostenibilità del suo bilancio (ad esempio, la cura che ha posto negli anni nel non superare per gli stipendi la soglia del 90% del finanziamento statale). Detto in altri termini, oggi ci si avvia a tenere conto sia della qualità dei risultati che della capacità di gestione economica.

Cambiare metodo di valutazione?
Molte delle proteste sorte dall’applicazione del nuovo sistema di finanziamento sono in linea di principio fondate. Sarebbe infatti auspicabile, per l’assegnazione del FFO 2010, una revisione di alcuni indicatori, la cui debolezza rischia di minare l’intero impianto del riparto. Sarebbe però anche auspicabile che, una volta ridefiniti, gli stessi potessero rimanere stabili per almeno un triennio. Nessun indicatore conosciuto soltanto a posteriori e instabile nel tempo è davvero in grado di condizionare i comportamenti. Altre proteste, legate alla posizione di questo o quell’ateneo nel ranking premiale, possono invece avere l’effetto molto negativo di rallentare il passaggio a una valutazione seria del sistema.

E’ da lungo tempo infatti che si pone il problema dell’accountability, della capacità di dare conto al Paese dei (pochi!) fondi che esso destina al sistema universitario. Il fatto che siano pochi non esime dal darne conto. Anzi, la via dell’accountability renderebbe più facile chiedere che il finanziamento pubblico sia finalmente all’altezza di quello che altri grandi Paesi europei destinano alla formazione e alla ricerca universitaria. Il fatto che il finanziamento statale debba garantire i livelli di funzionamento adeguati e che la parte premiale debba essere aggiuntiva e non sottrarre risorse a quella ordinaria sono entrambe richieste irrinunciabili.

Sarebbe però un drammatico errore confondere i due piani: dobbiamo dire chiaramente che se si ferma il processo di valutazione della performance degli atenei si ferma anche ogni processo di miglioramento. Basta ricordare che con il sistema precedente il solo criterio di finanziamento è stato – di fatto – la dimensione dell’ateneo: nessun sistema universitario nazionale può reggere in questo modo.