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La "Venerina di Palazzo Poggi" torna a casa dopo il restauro eseguito dall’Opificio delle pietre dure di Firenze

La statua in cera del celebre ceroplasta Clemente Susini (1754-1814) è tra le opere più preziose delle collezioni del Museo di Palazzo Poggi. Grazie ad un generoso contributo dei dieci Rotary club del Gruppo Felsineo è stato possibile realizzare il complesso intervento di restauro, eseguito dall’Opificio delle pietre dure di Firenze.
Venerina

Domani, 27 gennaio, alle 17,30 un evento nella sala dell'VIII Centenario festeggerà il rientro a Palazzo Poggi della statua. Dopo il saluto del rettore Ivano Dionigi, si susseguiranno gli interventi di Emilio Ferrari, direttore del Museo di Palazzo Poggi, Alessandro Golova Nevsky, curatore del Service Rotary Club Bologna Nord, Italo Minguzzi, Past Governor in rappresentanza del Governatore del Distretto 2070, Laura Speranza, Chiara Gabbriellini e Francesca Rossi dell'Opificio delle pietre dure di Firenze.


IL RESTAURO -
L’opera, completamente realizzata in cera vergine d’api, presentava problematiche legate principalmente alla sua conservazione strutturale. Sul collo, sulle giunture degli arti superiori e lungo i fianchi erano presenti gravi fratture e fessurazioni. L’intervento di restauro si è concentrato sul consolidamento della struttura al fine di fermare il progressivo distacco degli arti e conferire stabilità e compattezza al modello, così da assicurare la sua integralità nel tempo. La TAC (Tomografia Assiale Computerizzata) effettuata sull’opera ha confermato la totale assenza di un’armatura di sostegno metallica. Si è quindi resa necessaria la progettazione di un sostegno definitivo che è stato realizzato in fibra di vetro con l’uso del sottovuoto al fine di ottenere uno spessore omogeneo e sottile (circa 2 mm) e rendere esteticamente meno invasiva la nuova struttura. Terminata tale fase, si è provveduto all’intervento estetico di restauro mediante microaspirazione del deposito di particellato atmosferico, pulitura della superficie e interventi più impegnativi come la rimozione e la sostituzione delle vecchie stuccature con nuovi impasti a base di cera paraffina e resina vegetale. Infine è stato predisposto un nuovo supporto espositivo, realizzato con materiali termoelastici ad alta tecnologia, concepito per una corretta distribuzione del peso delle parti anatomiche e quindi più consono ad accogliere un’opera così delicata come la Venerina.


"Il restauro della Venerina ha messo a dura prova noi operatori del settore – riferiscono i tecnici dell’Opificio delle pietre dure – in quanto si ha a che fare con manufatti estremamente complessi e poco conosciuti. Aver potuto lavorare su un’opera di questo tipo, sia per la materia fragile di cui è composta, sia per la dimensione, ha permesso di studiare e sperimentare nuovi materiali, oltre che risolvere problematiche di ancoraggio e consolidamento. L’intervento innovativo, proposto per la creazione della struttura di sostegno della Venerina, è il primo e unico nel suo genere. Ci auguriamo che possa costituire un esempio da applicare ad altre opere ed avviare uno studio più approfondito sulla conservazione di questa tipologia di opere".


I PRECEDENTI RESTAURI E IL CONTRIBUTO DEL ROTARY - In più di due secoli di vita la statua di giovane donna giacente detta Venerina è riuscita a sopravvivere ad ogni angheria del tempo, ai bombardamenti, alle guerre, ai molteplici trasferimenti da questo all’altro istituto universitario, fino al ritorno definitivo al Museo di Palazzo Poggi nel 2000. L’ultimo intervento di manutenzione, eseguito più di dieci anni fa, aveva consolidato il manufatto togliendo le più vistose lesioni e ossidazioni che si erano andate accumulando nel corso degli anni.  Nell’autunno del 2009 la Direzione del Museo di Palazzo Poggi decise di interpellare il più prestigioso istituto di restauro in Italia, l’Opificio delle pietre dure di Firenze, per una perizia sullo stato di salute della statua. Dalla relazione emerse la necessità di procedere urgentemente ad un nuovo restauro. Fu grazie all’intervento del dottor Alessandro Golova Nevskj, a nome di vari Rotary Club bolognesi, che venne reperito l’intero onere del costo complessivo del restauro (14.500 euro).


L’OPERA E LA SUA STORIA -
La Venerina bolognese è una delle repliche più o meno fedeli del modello originale, la Venere dei Medici, che il modellatore in cera (ceroplasta) Clemente Susini eseguì negli anni 1780-1782, a Firenze sotto la guida dello scienziato Felice Fontana (1730-1805). L’archetipo fiorentino, che prendeva spunto dall’omonima copia ellenistica di una scultura del IV secolo a.C, sembra avesse suscitato l’ammirazione estasiata del granduca di Toscana Pietro Leopoldo e del pubblico che visitava il Reale Museo. Era nelle intenzioni di Fontana coniugare il carattere didattico della collezione anatomica, rigorosa sotto il profilo scientifico, con una marcata valenza estetica, giudicata stimolo essenziale all’osservazione e allo studio. Dato il successo e l’efficacia della statua, si decise di replicare l’opera con alcune varianti per venderla a quanti (accademie scientifiche, università, aristocratici e collezionisti) avessero voluto arricchire la propria collezione medica o il proprio gabinetto di curiosità. E’ questa l’origine delle repliche attualmente conservate in diversi musei europei, tra i quali il Wellcome Institute di Londra lo Josephinum di Vinenna, il Semmelweiss Museum di Budapest e il Museo di Palazzo Poggi dell’Alma Mater. Nel modello bolognese l’agonia della giovane donna viene rappresentata con una particolare attenzione – superiore anche a quella del modello fiorentino – alla composizione dei dettagli esterni, all’espressione del viso, colta nell’attimo in cui sopraggiunge la morte e accompagnata da un elegante movimento delle braccia e delle mani nel momento dell’abbandono estremo.


Come in tutte le veneri modellate da Susini dietro precisa indicazione dello scienziato Fontana, il torace e l’addome possono essere aperti per permettere la scomposizione delle parti – da quelle esterne a quelle più profonde – in modo da simulare l’atto della dissezione anatomica mostrando tessuti, muscoli, ossa, organi, arterie, vene e cavità. La giovane donna porta nel suo ventre un feto, a mostrare l’importanza che per l’artista aveva la potenzialità generatrice del corpo femminile. Quando la Venerina giunse a Palazzo Poggi, sede dell’Istituto delle Scienze di Bologna, trovò un’ambientazione degna: la Stanza dell’anatomia La Stanza, fondata a Palazzo Poggi nel 1746 grazie ai generosi finanziamenti concessi dal Papa Benedetto XIV (il bolognese Prospero Lambertini), già ospitava la prima collezione sistematica di cere anatomiche mai realizzata – e dalla quale avevano tratto ispirazione lo stesso felice Fontana e il suo predecessore Giuseppe Galletti per costituire la scuola ceroplastica fiorentina – le teatrali statue a grandezza naturale degli Scorticati di Ercole Lelli, i dettagliati modelli degli organi della generazione e a quelli raffiguranti i cinque sensi di Anna Morandi e Giovanni Manzolini e i modelli ostetrici di Giovanni Antonio Galli, tra questi trovò dimora anche la Venerina di Clemente Susini.