Le attività umane hanno un impatto rilevante nella diffusione di specie "aliene" – piante, animali e microorganismi – in ambienti nei quali non sarebbero altrimenti in grado di svilupparsi. Generalmente questa "invasione" è considerata una minaccia per la biodiversità, per la regolare attività di una comunità e per la preservazione dell‘ambiente in cui è inserita. Il tema è ampiamente dibattuto nella comunità scientifica, non essendo ancora stato chiarito il nesso tra successo dell’invasione, organizzazione della comunità microbica e modifiche della sua funzionalità. Lo studio italo-belga colma questa lacuna.
Gli scienziati hanno valutato l’impatto che l’introduzione di un microorganismo invasore ha sulla comunità batterica stessa. E’ stato scoperto che in una comunità perfettamente funzionante, priva di stress, l’introduzione di una specie estranea ne riduce la funzionalità. Al contrario, il microrganismo invasore può diventare una risorsa per la comunità quando questa è già sotto stress.
Alla ricerca hanno partecipato, per l’Università di Milano Daniele Daffonchio e Annalisa Balloi del Dipartimento di Scienze per gli Alimenti, la Nutrizione e l’Ambiente e per l’Università di Bologna, Fabio Fava e Andrea Negroni del Dipartimento di Ingegneria Civile, Chimica, Ambientale e dei Materiali. In particolare, Balloi e Negroni hanno trascorso diversi periodi di ricerca a Gent durante il dottorato, prendendo parte alla realizzazione degli esperimenti.
L’indagine è stata condotta realizzando in laboratorio microcosmi sperimentali per analizzare gli effetti che l’introduzione di un batterio "alieno" causa su diverse comunità di microrganismi più o meno equilibrate al loro interno. In particolare, si è valutato il ruolo dell’abbondanza relativa delle specie di una comunità batterica e di uno stress ambientale nel determinare, da un lato, la resistenza alla crescita di un batterio "alieno" e, dall’altro, l’effetto che tale invasione ha sulla funzionalità della comunità stessa.
La ricerca ha rilevato che le comunità "equilibrate", costituite da diverse specie aventi tutte una simile abbondanza relativa, sono più resistenti all’invasione rispetto a comunità nelle quali poche specie sono dominanti. In assenza di stress, l’introduzione di un batterio estraneo induce un effetto negativo sulla funzionalità di una comunità microbica. Al contrario, in caso di uno stress ambientale che compromette l’attività di alcuni suoi membri riducendone l’efficienza, il microrganismo invasore può diventare una risorsa per la comunità ospite aiutandola a ripristinare le funzionalità compromesse.
Queste scoperte, oltreché rappresentare un passo significativo nella comprensione dei complessi meccanismi che determinano l’ecologia microbica, possono avere implicazioni cruciali, in diversi ambiti, dalle scienze ambientali alla microbiologia medica. Gli scienziati infatti, possono far leva sulle condizioni ambientali per la gestione delle comunità microbiche, favorendo invasioni volute (quali, ad esempio, l’introduzione di un probiotico nella flora intestinale) o contrastando un’aggressione patogena.