L'Emilia dopo il terremoto in mostra a Cesena
La storia dell'Emilia, la documentazione fotografica dei danni e i progetti per una ricostruzione consapevole nell'esposizione "Architetture padane", curata dal Dipartimento di Architettura dell'Alma Mater
Cosa è successo all'Emilia dopo il terremoto? Come e da dove si può ricostruire? Due domande a cui la mostra "Architetture padane" prova a dare risposta. Ideata e allestita dall’Ufficio Mostre del Dipartimento di Architettura di Cesena e promossa dal Comune di Cesena, l'esposizione sarà inaugurata mercoledì prossimo, 6 marzo, alle 17,30 nella Chiesa dello Spirito Santo, dove resterà esposta a ingresso libero fino al 21 marzo.
Dopo la catalogazione dei danni nei giorni immediatamente successivi al sisma, presentata nella mostra "Interno perduto" del fotografo Giovanni Chiaramonte, il Laboratorio "Ricerca Emilia" continua l'indagine sul dopo terremoto nelle terre emiliane. La nuova esposizione "Architetture padane" vuole da un lato investigare e documentare come sia stata gestita l'emergenza nei mesi seguenti, dall'altro si propone di ripercorrere la storia di questi territori.
L'esposizione, divisa in tre sezioni, si apre con una parte dedicata a "Paesaggio e Storia", in cui sono proposti alcuni disegni originali del progetto del 1984 per l'area Fiera-Catena di Mantova, curato da Aldo Rossi e Gianni Braghieri, e la collezione di documenti cartografici proveniente dal comune di Mirandola, di cui sarà anche esposto un modello ligneo risalente al XVI secolo. Nella sezione "Distruzione", verranno forniti invece documenti, grafici e schede di sintesi sui danni al patrimonio architettonico, arricchiti dalla documentazione fotografica aerea di Nazario Spadoni. L'ultima sezione, intitolata "Emergenza", presenta infine in anteprima alcuni progetti per la ricostruzione dell'architettura in Emilia: la chiesa temporanea di Paolo Zermani, la chiesa di Medolla di Marazzi Architetti, il centro polisportivo di San Felice sul Panaro di Architetcure for humanity con Rizoma architetture, il municipio temporaneo di Novi di Zamboni Associati e Politecnica, le tre proposte progettuali elaborate per il complesso scolastico di Cavezzo su invito di Renzo Piano e altri ancora.
"Architetture padane" è il titolo che Aldo Rossi - a cui è intitolato il Dipartimento di Architettura Unibo - diede al volume e alla mostra che presentò con Luigi Ghirri nel 1984 alla Casa del Mantegna a Mantova. Grazie a quell'esperienza, per la prima volta fu chiaro che l'identità del territorio padano si rispecchiava soprattutto in valori architettonici precisi, che si facevano portavoci di un'antica tradizione rurale e culturale. L'architettura padana, nella sua semplicità estetica, rispondeva al rapporto tra le necessità fisiche dell'uomo e l'ambiente, in una relazione tutt'altro che precaria che Rossi vedeva fondata sulla "commistione tra campagna e città, tra terra e acqua". Una conoscenza indispensabile e un punto saldo da cui far partire la ricostruzione architettonica e culturale dell'Emilia, per scongiurare il pericolo che sotto le macerie sia rimasta sepolta anche la storia di queste terre.