Mettere a punto un rivoluzionario sensore per la rivelazione dei raggi X, di facile ed economica realizzazione, da utilizzare sia in campo medico sia nel settore della sicurezza dei trasporti. È questo l’obiettivo del progetto europeo i-Flexis, coordinato da Beatrice Fraboni del Dipartimento di Fisica e Astronomia, che ha preso il via a Bologna in questi giorni.
Il suo nome ricorda quello di un popolare videogioco per smartphone, ma il sensore i-Flexis, di basso costo e prodotto con tecnologie a ridotto impatto ambientale, promette molto di più.
In grado di operare a contatto dell’aria e a temperatura ambiente, i-Flexis sarà interamente realizzato - questo uno degli elementi più rivoluzionari del progetto - mediante processi di stampa (a getto di inchiostro o a timbro) su substrati flessibili ed adattabili.
Il dispositivo, dall’aspetto di una etichetta trasparente, sarà in grado di segnalare la presenza di raggi X in tempo reale. Grazie alla sua flessibilità può adattare la sua forma a qualsiasi superficie, è otticamente trasparente e sottile e quindi il suo peso è estremamente limitato. Può operare con una bassa tensione di alimentazione e potrà essere quindi utilizzato anche su applicazioni portatili.
Tutte queste caratteristiche renderanno il nuovo strumento estremamente versatile. Tra le applicazioni, i ricercatori hanno pensato già a due possibili scenari. In ambito medico, il sensore potrebbe essere impiegato come un "cerotto trasparente" per la misura diretta della dose di radiazione ricevuta dai pazienti durante una seduta standard di diagnostica a raggi X e per la misura della densitometria ossea. Nell’ambito della sicurezza dei trasporti, il sensore potrebbe essere utilizzato come una "smart tag" (etichetta intelligente) per valigie, in grado di identificare e monitorare i bagagli che sottoposti a controlli di sicurezza a raggi X. L’etichetta intelligente potrebbe poi inviare un segnale wireless alla centrale operativa che controlla il flusso dei bagagli per segnalare l’avvenuta ispezione.
Il cuore del sensore è costituito da un cristallo organico molecolare, in grado di rivelare la presenza di radiazione X convertendola in un segnale elettrico. La tecnologia è frutto di un brevetto dell’Alma Mater, realizzato in collaborazione con Elettra, il Laboratorio di luce di sincrotrone di Trieste. Al progetto, a cui l’Unione Europea ha riconosciuto un finanziamento complessivo di oltre 3,8 milioni di euro, partecipano anche le università di Cagliari e di Lisbona, oltre a diverse aziende private italiane, francesi e svizzere.