Un nuovo orologio in grado di misurare per la prima volta l’invecchiamento dei più antichi sistemi stellari della Via Lattea: veri e propri fossili cosmici che hanno assistito alla nascita della nostra galassia e possono aiutarci a ricostruirne la storia. Li chiamano ammassi globulari, per la loro forma sferica e la grande densità di stelle (possono contenerne fino ad un milione). Da anni sono al centro delle ricerche di un gruppo di astrofisici italiani che, come riferisce Nature, hanno scoperto un metodo per capire quanto velocemente si trasformano nel corso del tempo e riconoscerne così lo stadio evolutivo.
"Sapevamo già quanti anni avessero, ma non eravamo in grado di stabilire a che punto della loro evoluzione dinamica si trovassero. Non sapevamo cioè quanto si fossero trasformati dal punto di vista morfologico, fisico e spaziale dal momento della loro formazione ad oggi. Un po' come succede per gli esseri umani, per i quali possiamo distinguere un’età anagrafica ed una biologica", spiega Francesco Ferraro dell’Università di Bologna, lo studioso che ha guidato il team internazionale nell’ambito del progetto Cosmic-Lab, finanziato dall’Unione europea.
Per capire l’importanza dell’evoluzione dinamica per gli astronomi, bisogna pensare che i loro studi riguardano fenomeni estremamente lenti, che raramente si svolgono sotto i loro occhi. Nella vita di tutti i giorni, ad esempio, sappiamo che un bocciolo rappresenta lo stadio iniziale dell’evoluzione di un fiore che sarà poi destinato ad appassire, perché possiamo osservarne la trasformazione nel tempo. Ma se osserviamo oggetti che si trasformano in miliardi di anni quello che vediamo è un’istantanea. Un microbo la cui vita durasse una manciata di secondi non vedrebbe mai una gemma sbocciare e poi sfiorire. Capire che boccioli, fiori e frutti, rappresentano diversi stadi evolutivi di individui simili e mettere in fila le diverse tappe per lui sarebbe una conquista.
Nel caso degli ammassi stellari, gli astri sono in continuo movimento e la loro distribuzione spaziale e di velocità si modifica nel corso del tempo. Era risaputo anche che vi è una fase critica nella vita di ciascun ammasso in cui il nucleo diventa così denso da subire un vero e proprio collasso. Ciò che rimaneva ancora da capire era quali aggregati stellari avessero già raggiunto tale fase critica e quali invece fossero ancora "giovani" da questo punto di vista.
I ricercatori Unibo sono venuti a capo del problema concentrandosi su alcune stelle speciali che li popolano: le vagabonde blu (blue stragglers). Si tratta di stelle particolarmente pesanti perché frutto della fusione di più stelle: il che le rende anche più calde e luminose, per cui blu. A causa del loro peso, nel corso del tempo queste stelle tendono a sprofondare verso il centro dell’ammasso globulare, come delle biglie nel miele. La ricerca pubblicata su Nature ha permesso di associare il grado di "sprofondamento" delle vagabonde blu al grado di invecchiamento "dinamico" degli ammassi: nonostante gli ammassi abbiano tutti la stessa età cronologica, quelli in cui le vagabonde blu sono quasi tutte sedimentate nel centro sembrano molto più invecchiati di quelli in cui questo processo di concentrazione è più lento e che, quindi, dal punto di vista dinamico si sono mantenuti giovani più a lungo.
Puntando le potenti lenti del telescopio spaziale Hubble (cogestito da Nasa ed Esa) su ventuno ammassi globulari della nostra galassia, i nostri ricercatori hanno scoperto che, in base alla distanza dal centro delle vagabonde blu, è possibile misurarne lo stadio di sviluppo evolutivo. Le prime vagabonde blu ad essere risucchiate nel cuore di ciascun aggregato stellare sono quelle più prossime al centro, poi via via quelle sempre più lontane. Si forma così una regione impoverita di blue stragglers che si allontana progressivamente dal nucleo dell’ammasso, man mano che anche le stelle più periferiche sprofondano. "Come la posizione della lancetta di un orologio indica il fluire del tempo, così la posizione della regione svuotata di blue stragglers tende ad allontanarsi progressivamente dal centro e segna con precisione l’invecchiamento dinamico del sistema stellare", dice Ferraro.
Proprio grazie a questo metodo di misurazione dell’età "biologica" degli ammassi, è possibile risolvere qualche grattacapo relativo ad alcuni sistemi stellari, fino ad oggi di difficile collocazione evolutiva. Aggregati che sembravano aver già subito il collasso del nucleo, alla luce del nuovo sistema di datazione cosmica si sono rivelati più giovani di quanto si pensasse e, viceversa, altri sono "invecchiati" di colpo.
La Via lattea (la nostra galassia) contiene circa 150 ammassi globulari e "sono almeno due le ragioni per cui è così importante studiarli", spiega Barbara Lanzoni di Unibo, coautrice della ricerca: "da un lato rappresentano fossili dell’universo primordiale, poiché contengono stelle nate attorno a nelle fasi iniziali di vita della nostra galassia e del resto del cosmo. Capire come sono fatti e come si sono trasformati da allora, può aiutarci a gettare nuova luce su come la galassia in cui viviamo si sia sviluppata". "In secondo luogo - continua Ferraro - gli ammassi costituiscono l’habitat ideale per l’osservazione di comportamenti stellari sorprendenti. Il loro centro è così denso che le stelle interagiscono le une con le altre in modi assai rari nel resto dell’universo. E’ qui che hanno luogo fusioni, collisioni, cannibalismo tra astri diversi. All’interno degli ammassi possiamo capire come le stelle, solitamente piuttosto solitarie, si relazionano le une con le altre. Sono il laboratorio ideale per gettare le basi di quella che possiamo definire una 'sociologia stellare'". Laboratorio da oggi dotato di un orologio nuovo fiammante.