Ciao Federica, di cosa ti occupi?
Degli aspetti diagnostici, clinici e terapeutici di bambini e giovani-adulti affetti da “Rasopatie”, termine recentemente coniato per definire malattie congenito-malformative rare dovute ad disturbi del pathway RAS-MAPKinasi, quali la Sindrome di Noonan e patologie ad essa correlate (Sindrome Cardio-facio-cutanea, Sindrome di Costello, Sindrome LEOPARD, Sindrome Mazzanti (NS/LAH), Sindrome di Legius, Sindrome neurofibromatosi/SN e Sindrome associata a mutazioni di CBL). Il mio punto di vista è quello del medico pediatra sindromologo, che tenta di giungere alla definizione diagnostica di malattia rara identificando segni e sintomi clinici di coinvolgimento multiorgano, per definire successivamente la storia naturale e l’approccio terapeutico più adeguato per condizioni genetiche ancora poco note, ma con grande impatto sulla qualità di vita di chi ne è affetto.
Quando hai deciso di fare ricerca?
Il pormi dei “perché” è stata sempre un’attitudine che mi ha accompagnata. E, durante il mio percorso di studi universitario, incontrare ed entrare a far parte di un gruppo di lavoro, peraltro tutto al femminile, coordinato dalla professoressa Laura Mazzanti, in cui era particolarmente sentita la necessità dello studio e della presa in carico assistenziale del paziente affetto da condizioni ancora poco note al mondo scientifico, è stata la chiave di volta per le mie scelte personali e professionali. Per arrivare a questo era necessario ed indispensabile crearsi, a volte partendo da zero, il proprio bagaglio di conoscenza. Iniziando dall’osservazione. Mettendo insieme i pezzi di un mosaico.
Cosa ti appassiona di quello che studi?
La centralità del paziente. Nulla di ciò che studio è fine a se stesso o pura speculazione.
Cosa pensi prima di andare a dormire la sera?
Ogni sera pensieri diversi. Sicuramente c’è uno spazio per ripercorrere le scelte della giornata. Sperando che ogni tassello sia al posto giusto. E nel provare a trovare un posto alle emozioni e alle fatiche che si devono affrontare quando si ha in carico un paziente con malattia rara e la sua famiglia.
E quando ti svegli al mattino?
Spesso un’intuizione su qualcosa che cercavo di ricordare o capire il giorno prima. Se qualche tassello era fuori posto, nell’affrettarmi a trovare la nuova soluzione.
Quale scoperta/invenzione pensi possa rivoluzionare il tuo ambito di ricerca nei prossimi cinque anni?
Certamente le opportunità terapeutiche che si potranno sviluppare e utilizzare grazie al chiarimento dei meccanismi molecolari alla base di queste condizioni rare.
Una cosa che hai imparato facendo ricerca.
Che da soli non si ottiene nulla. Un buon lavoro di ricerca, soprattutto in ambito medico, presuppone un lavoro di gruppo, in cui ognuno dedica il proprio tempo, le proprie conoscenze e le proprie risorse.
Sei un ricercatore "da adottare". Cosa vorresti dire ai tuoi sostenitori?
Di avere coraggio nel supportare giovani che hanno ancora voglia di cambiare il corso delle cose.