Il drone è stato messo a punto dal team di ricerca guidato da Lorenzo Marconi, coordinatore del progetto e docente di automatica del Dipartimento di Ingegneria dell’Energia Elettrica e dell’Informazione "Guglielmo Marconi" nell’ambito del progetto europeo SHERPA.
La ricerca propone una soluzione innovativa per velocizzare i tempi di soccorso in caso di valanghe. L’idea è quella di utilizzare un drone dotandolo di un ricevitore ARTVA per la ricerca dei dispersi, in modo da perlustrare una vasta aerea in tempi rapidi. La tempestività dei soccorsi in questi casi è fondamentale per riuscire a salvare chi si trova travolto dalla massa nevosa. Spesso la vittima si trova in località difficili da raggiungere e quindi per i soccorritori il rilevamento del segnale può essere assai difficoltoso.
Dopo le ricerche e le prove in laboratorio , il team guidato da Lorenzo Marconi ha portato il prototipo costruito dalla azienda Aslatech, partner del progetto, in montagna per collaudarlo in condizioni operative reali.
Nel comprensorio sciistico di Pila (AO) sono stati condotti due giorni di test, in collaborazione con il soccorso alpino valdostano, che stava svolgendo in loco attività addestrativa per i propri uomini.
I test hanno riguardato principalmente l’analisi delle performance di volo nel contesto montano, con avverse condizioni meteo, nonché la fattibilità dell’individuazione accurata di un segnale emesso da un trasmettitore (beacon) posto sotto la neve, che simulava il disperso, mediante l’apparecchio di ricerca in valanga installato a bordo di SHERPA.
Al termine della due giorni di prove il team bolognese può dirsi più che soddisfatto, come riporta Roberto Naldi, ricercatore dell’Unibo che ha partecipato all’esercitazione: "Tutti i test sulle funzionalità del drone hanno dato esito positivo. Nessun tipo di problema si è presentato relativamente al radiocomando, alle funzionalità dei motori, dell’elettronica di bordo e del sistema di comunicazione wifi. Rimangono da perfezionare comunque il raggio di comunicazione e l’autonomia delle batterie, che risentono delle basse temperature diminuendo i voltaggi." Tutti gli esperimenti sono stati effettuati ad una quota di circa 2000 metri con temperature minime di alcuni gradi sotto zero. Le prove sono state condotte anche in presenza di moderate nevicate e nebbia e con scarso vento.
Le valanghe costituiscono uno dei principali pericoli di chi frequenta, per turismo o per lavoro, l’alta montagna. Solo nello scorcio tra S. Stefano e Capodanno 2013 ben 9 sciatori hanno perso la vita lungo tutto l’arco alpino, per questo soluzioni innovative come quella messa a punto dai ricercatori dell’Alma Mater potranno costituire, una volta perfezionate, un utile strumento per ridurre i pericoli per chi si avventura in alta quota.
La tecnologia fornisce già degli strumenti utili a chi si reca in alta quota contro il rischio valanghe. Chi ci va può dotarsi, tramite il soccorso alpino, di un ricetrasmettitore ARTVA (Apparecchio di Ricerca in Valanga) che, indossato, consente ai soccorritori di rilevarne la posizione in caso di valanga. La tempestività dei soccorsi in questi casi è fondamentale per riuscire a salvare chi si trova travolto dalla massa nevosa. Spesso però la vittima si trova sotto cumuli di neve in località difficili da raggiungere e quindi il rilevamento del segnale può essere assai difficoltoso.