Nutriamo la ricerca, con il tuo aiuto: intervista ad Alberto Regattieri
5 PER MILLE UNIBO / Migliorare le condizioni di vita nei campi umanitari, con soluzioni energetiche sostenibili e il riutilizzo del packaging per una nuova logistica degli aiuti umanitari. È il lavoro di un gruppo di ricerca del Dipartimento di Ingegneria industriale, realizzato in collaborazione con l'Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati
Professore, come è nata l’idea di partecipare a questo progetto e quindi di coniugare la sostenibilità ambientale con la gestione delle emergenze umanitarie?
Il progetto è nato dalla consapevolezza che i metodi e gli approcci che nell'ambito delle nostre ricerche normalmente sviluppiamo in contesti industriali, possano dare un contributo alla soluzione di problemi molto significativi nell'ambito del supporto umanitario, come ad esempio quello della generazione efficiente e sostenibile dell'energia elettrica, della gestione dei rifiuti prodotti dalle popolazioni colpite da crisi (da imballaggio e organici), e della produzione di acqua potabile e/o sufficientemente pura per usi sanitari. Negli ultimi anni, fortunatamente, è notevolmente cresciuta la sensibilità dell'opinione pubblica nei confronti delle popolazioni affette da crisi umanitarie, sia per quel che riguarda l'offerta di un aiuto immediato per la sopravvivenza, sia nel senso di dar loro la prospettiva di un futuro sostenibile. Il nostro progetto, sviluppato in collaborazione con importanti organizzazioni umanitarie internazionali, si inquadra soprattutto in questo secondo filone.
Quali i contributi che un ateneo multidisciplinare come il nostro può fornire ad un progetto internazionale di questo tipo?
In generale ogni attività, ogni realtà del mondo odierno, può essere assimilata ad un sistema complesso. Anche il mondo del supporto umanitario non sfugge a questa regola. E il modo più efficiente per poter gestire al meglio i sistemi complessi è quello di affrontarli con un approccio sistemico integrando varie competenze e mettendole al servizio del risultato complessivo ottimale, a volte sacrificando risultati locali ottimi. In concreto, in questo progetto la nostra Università è stata in grado di costruire un approccio integrato fondendo competenze tipicamente tecniche (di progettazione impiantistica), con competenze tecnologiche (legate per esempio alla produzione di biogas e di acqua) e di carattere economico-gestionale. Questo approccio si sta dimostrando vincente, i prototipi sviluppati hanno dato ottimi risultati nei nostri laboratori e saranno a breve sperimentati nella realtà operativa dei campi umanitari.
Cosa significa per voi (ricercatori, dottori di ricerca, studenti) trovare applicazione dei vostri studi in un ambito cosi concreto e necessario?
In generale, la connessione delle nostre ricerche con le applicazioni reali è sempre molto forte, e questo è fondamentale, perché ci consente da un lato di orientare gli studi e le attività nella direzione di offrire soluzioni applicabili ai reali problemi che emergono, e dall'altro perché ci permette di orientare correttamente la didattica che eroghiamo ai nostri studenti. In definitiva è un modo per contribuire ad assolvere ad uno dei compiti primari dell'istruzione universitaria pubblica: il sussidio al tessuto industriale almeno per quanto riguarda la preparazione delle conoscenze. In particolare in questo nostro progetto si aggiunge anche la possibilità di sperimentare nuovi metodi ed approcci per il riutilizzo dei materiali, per la produzione di acqua ed energia elettrica e per la gestione dei rifiuti, in un ambito estremamente severo come quello umanitario, che ha caratteristiche davvero peculiari, come ad esempio la necessità di coniugare l'efficacia delle soluzioni (ed il grado di complessità tecnologica utilizzato) con la scarsissima disponibilità di materie prime, mezzi e conoscenze delle persone che poi le dovranno gestire ed utilizzare.
Qual è secondo lei il ruolo della ricerca nella nostra società?
Il fatto che nella società moderna la ricerca abbia un ruolo determinante per garantire lo sviluppo sociale ed economico del nostro pianeta è un mantra che sentiamo e leggiamo molto frequentemente. Peraltro, dati alla mano, possiamo osservare che soprattutto in Italia questa consapevolezza non ha ancora dispiegato completamente le proprie ricadute positive. In senso lato la ricerca, sia di base sia applicata, sia pubblica sia privata, attraverso l'incremento del livello di conoscenza, può e deve consentire il miglioramento continuo delle condizioni di vita individuale e sociale delle popolazioni, tentando di porre rimedio ai continui problemi che la complessità della vita odierna fa emergere. Questo ragionamento apparentemente concentrato su grandi temi (come ad esempio lo sfruttamento delle risorse del pianeta, il trattamento di malattie gravi, etc.), se ci riflettiamo ha, in realtà, da sempre condizionato in maniera determinante ogni nostro gesto quotidiano.
Come possono i cittadini partecipare?
La ricerca scientifica ha bisogno di sostegno sociale e politico e di aiuti di carattere economico. È assolutamente necessario che nell'opinione pubblica cresca la considerazione del ruolo fondamentale che riveste per il futuro sostenibile del pianeta. Ogni occasione che porta in questa direzione rappresenta un piccolo passo avanti, così come un piccolo ed indolore passo avanti può essere la donazione del 5 per mille all'Università di Bologna alla quale va riconosciuta, tra le altre, grande focalizzazione alla ricerca scientifica.