Un nuovo test per individuare il tumore alla prostata già nella sua fase iniziale e permettere così una cura più efficace della malattia. Lo ha messo a punto un team di ricerca tutto italiano, coordinato da Luca Prodi, docente al Dipartimento di Chimica “Giacomo Ciamician” dell'Università di Bologna. Lo studio - da poco pubblicato sulla rivista Faraday Discussion - illustra una strategia innovativa per sviluppare un sensore economico e altamente sensibile in grado di quantificare la sarcosina, una molecola che sarebbe indice della presenza di un cancro prostatico in corso di evoluzione.
Il tumore della prostata è oggi il secondo tipo di cancro più comune per il genere maschile, con più di 250.000 decessi ogni anno. La sua diagnosi precoce, quando il tumore è ancora nello stadio iniziale, aumenta drasticamente il successo della terapia, portando ad una sua completa guarigione e diminuendo così il livello di mortalità tra i pazienti. Esiste già un test per individuare la patologia, basato sulla quantificazione dell’antigene prostatico specifico (PSA), ma ha come limite fondamentale quello di dare un elevato numero di falsi positivi.
Alla base del nuovo strumento di indagine, invece, c'è l’elettrochemiluminescenza (ECL), tecnica da anni al centro dell’interesse del gruppo di ricerca coordinato da Francesco Paolucci, docente dell’Università di Bologna, e oggi principale metodologia di analisi clinica in commercio per la diagnosi precoce del cancro alla prostata. Lo studio del team di ricerca italiano sfrutta l’interazione di un recettore supramolecolare, sintetizzato e appositamente sviluppato dal team guidato dal prof. Enrico Dalcanale dell’Università di Parma, che permette di catturare la sarcosina in campioni di urine. Questa viene poi separata dalla matrice complessa delle urine e ne viene misurata la concentrazione tramite l’elettrochemiluminescenza.
Il nuovo sensore è stato testato, in collaborazione con l’Università di Verona, su campioni reali di pazienti affetti da cancro alla prostata e i risultati ottenuti sono incoraggianti. L'obiettivo ora è sviluppare un test standardizzato e con tempi veloci di analisi che possa direttamente correlare la presenza della sarcosina nelle urine con i comuni marcatori per il cancro alla prostata. E il team di ricerca sta già pensando di estendere il suo approccio ad altre patologie come ad esempio il diabete.