Afferrare un oggetto senza guardarlo: un’azione per niente semplice, ma che in qualche modo siamo in grado di fare, pianificando ed eseguendo movimenti molto accurati con un’alta consapevolezza dello spazio tridimensionale che ci circonda. Come ci riusciamo? A svelarlo è stato un gruppo di ricerca del Dipartimento di Farmacia e Biotecnologie dell’Università di Bologna.
Lo studio, da poco pubblicato su Scientific Reports (rivista del gruppo Nature), indaga per la prima volta i meccanismi neurali per la codifica dello spazio tridimensionale, mentre fino ad oggi ci si era concentrati su una dimensione bidimensionale. Il risultato della ricerca – realizzata grazie ad un finanziamento FIRB, elargito dal MIUR – dimostra che il nostro cervello usa sistemi altamente flessibili di pianificazione e organizzazione dei movimenti di raggiungimento.
Nell'articolo, i ricercatori mostrano i meccanismi neurali che rendono possibile portare efficacemente a termine i movimenti che facciamo quando cerchiamo di afferrare oggetti presenti a diverse profondità o direzioni rispetto al punto in cui ci troviamo, anche senza guardarli. “Le attivazioni neurali – spiega Annalisa Bosco, la ricercatrice Unibo che ha coordinato lo studio - evidenziano strategie flessibili che il nostro cervello usa in condizioni complesse di raggiungimento di oggetti nello spazio peripersonale tridimensionale”.
Una scoperta che ha conseguenze anche di natura applicativa. Sulla base di questi modelli biologici, infatti, team di ingegneri neurorobotici possono creare algoritmi sempre più efficienti per la realizzazione di protocolli riabilitativi dedicati a persone con disabilità motorie e neuroprotesi, per sostituire funzioni venute a mancare in pazienti amputati o con lesioni spinali.