Guidare nel traffico, parare un rigore o anche solo seguire ed apprezzare i movimenti di un ballerino: gran parte delle azioni e delle attività che compiamo tutti i giorni richiede un’efficiente percezione di stimoli visivi in movimento. Ma quali sono e come funzionano i meccanismi nervosi che ci permettono di percepire questi stimoli? Ed è possibile, in qualche modo, “allenarli” per renderli più efficienti?
La risposta arriva da un nuovo studio portato avanti da un gruppo di ricercatori italiani e inglesi, coordinati da Alessio Avenanti, docente al Dipartimento di Psicologia dell’Università di Bologna. La ricerca – da poco pubblicata sulla prestigiosa rivista Current Biology – ha elaborato infatti un innovativo protocollo di stimolazione del cervello che ha mostrato per la prima volta come le connessioni cerebrali siano malleabili e come sia possibile potenziarle, se attivate in maniera corretta.
Il punto di partenza sta nelle connessioni nervose “a feedback”, una teoria finora basata principalmente su prove indirette, secondo cui le aree del cervello dedicate all'informazione visiva sono regolate da aree corticali di ordine superiore. Ci sarebbe, insomma, una sorta di dialogo tra neuroni: l’area visiva primaria trasmette un’informazione, elaborata inizialmente in modo non cosciente, all’area specializzata nell’elaborazione del movimento, la quale a sua volta, dopo averla processata, la rispedisce al mittente, rendendola però in questo modo coscientemente percepita.
Per il suo studio, il gruppo di ricerca italo-britannico ha utilizzato una tecnica chiamata Cortico-cortical Paired Associative Stimulation (ccPAS), per la prima volta adattata e applicata al sistema visivo. “Con la Cortico-cortical Paired Associative Stimulation – spiega il prof. Avenanti, che ha sviluppato la tecnica presso il Centro studi e ricerche in Neuroscienze Cognitive dell’Alma Mater (Campus di Cesena) – abbiamo bersagliato la connessione ‘a feedback’ tra due aree del sistema visivo umano e ne abbiamo potenziato transitoriamente l’efficienza, dimostrandone così il ruolo critico per la percezione visiva, nonché la sua malleabilità”.
Mediante il ccPAS, infatti, i ricercatori hanno stimolato il cervello di 32 soggetti, attivando ripetutamente due regioni interconnesse del loro sistema visivo: l’area di ordine superiore specializzata nell’elaborare stimoli in movimento (area V5) e l’area primaria della visione (area V1). In una condizione critica, l’area V5 (che contiene neuroni pre-sinaptici che proiettano all’indietro su V1) è stata stimolata immediatamente prima dell’area V1 (neuroni post-sinaptici), in modo da potenziare la connessione della prima sulla seconda. Il risultato? “Il potenziamento della connessione – racconta Emilio Chiappini, dottorando Unibo in Psicologia che ha eseguito l’esperimento – ha migliorato la capacità dei soggetti di percepire stimoli visivi in movimento”.
La nuova tecnica si basa sul “principio della plasticità Hebbiana”, secondo cui la forza di una connessione tra neuroni dipende dall'attività dei neuroni stessi. Quindi, se in modo ripetuto e coerente un neurone “a monte” si attiva prima di un neurone “a valle”, si generano dei meccanismi biochimici che portano ad un miglioramento dell’efficienza della comunicazione. “I risultati – conferma Vincenzo Romei, ricercatore alla University of Essex e cofirmatario dello studio – mostrano il classico profilo temporale della plasticità Hebbiana, con un incremento massimo dopo 30-60 minuti dal ccPAS, che poi si riduce nel tempo, e comprovano il ruolo critico delle connessioni ‘a feedback’ nella percezione del movimento, documentandone per la prima volta la plasticità”.
Il gruppo di ricerca, insomma, è riuscito a mettere a punto una tecnica non invasiva che, rafforzando la comunicazione tra le due aree del cervello coinvolte, è in grado di migliorare la nostra capacità di percepire stimoli visivi in movimento. “È come se avessimo aumentato la carreggiata di un’autostrada per consentire un maggiore flusso di automobili”, spiega ancora il prof. Alessio Avenanti. “Si tratta di un aumento solo transitorio, ma che ha importanti implicazioni per lo studio del sistema visivo, e del cervello più in generale”.
La scoperta ha infatti anche potenziali implicazioni cliniche per la riabilitazione di cervelli danneggiati, un aspetto su cui il gruppo di ricerca italo-britannico è già al lavoro, grazie ad un finanziamento del Ministero della Salute. Coordinata da Alessio Avenanti, la squadra è composta da Emilio Chiappini, presso il Centro di studi e ricerche in Neuroscienze Cognitive del Campus di Cesena dell’Alma Mater, e da Vincenzo Romei e Paul Hibbard della University of Essex.