Quando ho terminato il mio corso di studi pensavo a quale sarebbe stato il mio futuro lavoro e mai avrei detto che mi sarei occupato di ricerca. Per un anno e mezzo ho svolto attività da libero professionista, prima nell'ambito del mio tirocinio professionalizzante e poi come collaboratore di uno studio di consulenza. Durante questo periodo sentivo una grossa mancanza dell’approccio e del tipo di lavoro che avevo svolto nel contesto accademico. Un giorno, ho notato un annuncio sulla pagina Facebook del mio Master Erasmusm Mundus WOP-P “Work Organisational and Personnel Psychology”, in cui il professor Pietrantoni annunciava l’apertura di un bando per ricevere una borsa di ricerca al fine di lavorare sui temi trattati nel progetto XCYCLE. Essendo in prima persona un ciclista, sensibile riguardo l’importanza della sicurezza su strada e alla promozione dell’uso di mezzi di trasporto sostenibili, ho deciso di fare domanda. Si trattava inoltre di lavorare ad un importante progetto Horizon 2020, dove l’Università di Bologna svolge il ruolo di coordinatore, e anche questo ha avuto un grosso peso nell'orientare la mia decisione. Quando ho ricevuto la mail in cui mi veniva comunicato di essere il vincitore della borsa ho capito che era arrivato il mio turno.
Cosa ti appassiona di quello che studi?
Rispondere “tutto” è troppo facile? Beh, è così. In particolare le nostre attività di ricerca si focalizzano su due ambiti di studio particolarmente interessanti: il primo riguarda la sfera degli atteggiamenti e dei comportamenti, sicuri o rischiosi, che i ciclisti o gli automobilisti mettono in atto durante i loro tragitti quotidiani; l’altro riguarda lo studio dell’usabilità e dell’accettabilità di nuove tecnologie mirate ad aumentare il comfort e la sicurezza dei ciclisti, attraverso l’analisi delle caratteristiche di diverse interfacce uomo-macchina. Fino ad ora, oltre a svolgere un’approfondita analisi dei maggiori fattori contribuenti alle collisioni tra ciclisti e veicoli motorizzati, abbiamo collaborato con un team di ingegneri allo sviluppo di differenti prototipi di dispositivi, sia infrastrutturali che portatili, che presto raggiungeranno un livello di maturità tale da essere testati in condizioni di traffico reale. Dico questo per sottolineare due degli aspetti più stimolanti delle attività che svolgiamo, ovvero la connotazione multi- e trans-disciplinare della nostra ricerca e il fatto di poter sviluppare soluzioni concrete a problemi reali, di cui le persone fanno esperienza quotidianamente.
Cosa pensi prima di andare a dormire la sera?
Ad essere sincero, la maggior parte delle volte penso alla mole di lavoro che mi aspetta per il giorno dopo e di come farò a districarmi tra le varie consegne, mi interrogo su come farò a risolvere determinati problemi e come dovrò rapportarmi con i miei colleghi per raggiungere un buon risultato. Se una persona ha una bassa auto-efficacia, e perdonatemi il linguaggio psicologico, forse lavorare come ricercatore non fa per lei. A parte gli scherzi, alla sera il senso di soddisfazione è tanto, perché anche se a volte è molto difficile vedere delle gratificazioni nell'immediato, la voglia di contribuire a migliorare la società in cui viviamo è molto forte.
E quando ti svegli al mattino?
Cerco di concentrarmi sugli obiettivi della giornata, felice di poter lavorare in un ambito per il quale sono preparato e qualificato, e soprattutto di sapere che più saranno difficili le attività che dovrò portare avanti e più imparerò qualcosa, sperando di trasformare le conoscenze acquisite in un contributo per la società.
Quale scoperta/invenzione pensi possa rivoluzionare il tuo ambito di ricerca nei prossimi cinque anni?
In XCYCLE stiamo sviluppando un sistema di dispositivi, da installare su infrastrutture, biciclette e mezzi motorizzati, interconnessi tra di loro, che permettano di ridurre notevolmente gli incidenti stradali che coinvolgono i ciclisti. Immaginate di essere alla guida della vostra bicicletta e di giungere ad un incrocio, dove un semaforo, dotato di sensori particolari e in grado di comunicare con un dispositivo sulla bici, vi possa avvertire della presenza di un pericolo, come un mezzo pesante in arrivo a velocità elevata, oppure che rilevi la vostra presenza in anticipo e che vi dia il segnale di verde per non farvi aspettare in mezzo al traffico. Immaginatevi un altro dispositivo, questa volta montato su un altro dispositivo, che può rilevare la presenza di utenti vulnerabili nei punti ciechi, bloccando lo sterzo in maniera da impedire il loro travolgimento. Noi psicologi ci occupiamo capire qual è la maniera migliore per interfacciare l’essere umano alle nuove tecnologie che stanno rendendo il trasporto su strada sempre più automatizzato, quali sono i tipi di avvisi più efficaci, quali sono i tipi di dispositivi che le persone sono più inclini ad usare e quali sono, invece, quelli che molto più probabilmente rifiuteranno, come le tecnologie si possono adattare alla diversità degli utilizzatori (si pensi all'invecchiamento della popolazione).
Una cosa che hai imparato facendo ricerca?
Se posso permettermi qui di citare una frase che mi ha colpito molto, ho imparato che “chiunque voglia cambiare il mondo, dovrà sempre confrontarsi con un fattore ineluttabile, ovvero il resto del mondo”. Cosa voglio dire? Intendo che se vogliamo un futuro più sostenibile, dovremo per forza confrontarci con i desideri, le preferenze, gli atteggiamenti delle persone, cercando di fare in maniera che orientino i loro comportamenti verso scelte di vita più civili e responsabili, riducendo al minimo gli aspetti potenzialmente negativi di tali scelte e mettendoli nelle condizioni di poterlo fare in totale sicurezza.
Come sarebbe il mondo senza ricerca?
Senza ricerca non c’è progresso né maturazione civile. Gli incidenti stradali sono una causa di morte evitabile e senza una ricerca approfondita sulle cause e sulle possibili soluzioni non c’è modo di arrestare questo fenomeno. Senza uno studio approfondito, centrato sulla prospettiva dell’utilizzatore, anche tecnologie promettenti sono destinate a non essere utilizzate e quindi a fallire.
Sei un ricercatore "da adottare". Cosa vorresti dire ai tuoi sostenitori?
Ognuno è chiamato a fare la propria parte per fare in maniera che la nostra società faccia dei passi in avanti e non indietro. Sostenere la ricerca è quello che potete fare voi, qui ed ora.