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I prodotti biobased sono davvero vantaggiosi per l’ambiente?

La produzione di biomassa necessaria per realizzarli può avere conseguenze negative sull'erosione del suolo, sui regimi idrogeologici e sulla conservazione della biodiversità. Ma ci sono alcune soluzioni possibili


Un gruppo di ricerca dell’Università di Bologna – nell’ambito del progetto internazionale Star-ProBio – ha messo a punto un modello per valutare l’impatto ambientale dei prodotti biobased in relazione in particolare all’uso indiretto del suolo. Il risultato? Dalle simulazioni realizzate è emerso che al crescere del volume dei “materiali green” richiesti aumenta il terreno destinato alla produzione di biomassa, con possibili conseguenze negative sull’erosione del suolo, sui regimi idrogeologici e sulla conservazione della biodiversità. Ma ci sono soluzioni possibili: per garantire una produzione a basso rischio ambientale serve concentrare l’attenzione sulle modalità di produzione.

PRODOTTI BIOBASED E USO INDIRETTO DEL SUOLO
Plastiche, detergenti, lubrificanti, fertilizzanti: sono solo alcuni esempi di possibili prodotti biobased, creati cioè utilizzando biomassa derivata da materiale organico come alberi, piante e rifiuti di animali.

I prodotti biobased sono facilmente biodegradabili sia in acqua che in suolo, una caratteristica importante se pensiamo ad esempio al tema della plastica negli oceani. La diffusione di questi prodotti può però portare anche effetti negativi rispetto all'uso indiretto del suolo. Per ottenere la quantità di biomassa richiesta per realizzare prodotti biobased su larga scala, infatti, spesso vengono convertiti terreni tradizionalmente destinati all'agricoltura, spostando altrove le produzioni alimentari.

Questo processo genera meccanismi che possono avere conseguenze su scala planetaria. È possibile, ad esempio, che un aumento di terreni convertiti a produzione di biomassa in Europa risulti in un aumento di terreni agricoli in Brasile o in Indonesia, con conseguenze negative su aree naturali con alta biodiversità.

"Lo spostamento delle colture per la produzione agricola spesso avviene a spese di pascoli, foreste, zone umide, praterie e altri ecosistemi ricchi di carbonio, che hanno un ruolo ecologico importante", spiega Enrico Balugani, giovane ricercatore dell'Alma Mater che ha lavorato al progetto. "Un fenomeno che può portare all'aumento delle emissioni di gas serra, alla perdita di biodiversità e ad un aumento della desertificazione". Insomma, se l'obiettivo della produzione di prodotti biobased è assicurare un uso sostenibile delle risorse, l'effetto finale potrebbe invece essere il contrario.

IMPATTO AMBIENTALE E POSSIBILI SOLUZIONI
Per riuscire a valutare gli effetti dei prodotti biobased rispetto all'uso indiretto del suolo, i ricercatori dell’Università di Bologna impegnati nel progetto STAR-ProBio hanno messo a punto un modello causale-descrittivo che ha permesso di realizzare alcune simulazioni.

"Il trend generale - dice ancora Enrico Balugani - risulta essere negativo. Ci sono però alcune soluzioni possibili che consentono di tracciare dei percorsi di produzione a basso rischio. Ad esempio, i prodotti biobased potrebbero non creare alcun problema ambientale se ci fosse un minore consumo del suolo per gli allevamenti, anche di pochissimi punti percentuali".

Un obiettivo – suggeriscono i ricercatori – che si potrebbe ottenere con una gestione comune delle risorse, attraverso le convenzioni internazionali per la lotta alla desertificazione e ai cambiamenti climatici. E ci sono anche possibili azioni che possono essere prese a livello di produzione agricola e industriale: usare in modo più efficiente la terra, incentivare la trasformazione dei rifiuti, aumentare il ciclo di vita dei beni di consumo prodotti con le bioplastiche.

STAR-PROBIO E L'ALMA MATER
L’Università di Bologna partecipa come partner al progetto STAR-ProBio, una Research and Innovation Action (RIA) coordinata dall’Università degli Studi di Roma Unitelma Sapienza e vincitrice di un finanziamento di oltre 5 milioni di euro nell’ambito del programma europeo Horizon 2020. Il consorzio è formato da quindici partner provenienti da undici paesi europei.

Obiettivo del progetto è supportare lo sviluppo di un quadro normativo e politico efficiente e armonizzato per promuovere il mercato dei prodotti biobased. L'Alma Mater partecipa con un gruppo di ricerca del Centro Interdipartimentale di Ricerca per le Scienze Ambientali (CIRSA) e del Dipartimento di Fisica e Astronomia, impegnato nel valutare il cambiamento indiretto dell'uso del suolo dei prodotti biobased.