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Scontri galattici super magnetici all’alba dell’Universo

Un gruppo internazionale di ricercatori è riuscito ad individuare gigantesche collisioni tra ammassi di galassie avvenuti in un'epoca in cui in cui l’Universo aveva circa la metà della sua età attuale: si tratta degli eventi più remoti di questo tipo mai studiati finora


Il remoto ammasso di galassie PSZ2 G091.83+26.11 a 7 miliardi di anni luce dalla Terra (Immagine: PanSTARRS / NASA / Chandra / LOFAR / G. di Gennaro)


Anche sette miliardi di anni fa, alcune regioni dell’Universo erano particolarmente affollate, tanto da dar vita a gigantesche collisioni tra ammassi di galassie. Grazie alle osservazioni condotte con il radiotelescopio LOFAR un team internazionale guidato da Gabriella Di Gennaro dell’Università di Leida nei Paesi Bassi è riuscito a individuare e mappare questi immani scontri cosmici, in un’epoca in cui l’Universo aveva circa la metà della sua età attuale: si tratta degli eventi più remoti di questo tipo mai studiati finora. Il lavoro, al quale hanno partecipato ricercatrici e ricercatori italiani, dell’Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF) e dell’Università di Bologna, è stato pubblicato sulla rivista Nature Astronomy.

Gli ammassi di galassie sono le strutture più grandi dell'Universo tenute insieme dalla forza di gravità. Possono essere costituiti da migliaia di galassie, ognuna con miliardi di stelle. Quando questi ammassi vengono a scontrarsi e quindi fondersi, gli elettroni presenti nel gas che li permea vengono accelerati fino a raggiungere quasi la velocità della luce. Le particelle accelerate emettono onde radio quando interagiscono con i campi magnetici degli ammassi dando la possibilità di osservare questi fenomeni con i radiotelescopi.

In passato non erano disponibili strumenti in grado di captare i deboli segnali radio provenienti da lontani ammassi in collisione. Ora grazie a LOFAR (LOw Frequency ARray), la più estesa rete per osservazioni radioastronomiche in bassa frequenza al mondo, che ha puntato per otto ore ciascun oggetto selezionato, i ricercatori hanno potuto raccogliere per la prima volta informazioni dettagliate su remoti ammassi di galassie. “Oggi è possibile osservare queste sorgenti fino a grandi distanze quando l’Universo era molto più giovane permettendoci di capire la loro evoluzione nel tempo e di comprendere meglio la natura dei meccanismi fisici alla base della loro origine”, commenta Rossella Cassano, ricercatrice INAF a Bologna e coautrice dell’articolo su Nature Astronomy.

I dati mostrano, tra l'altro, che l'emissione radio da remoti ammassi di galassie in collisione è molto intensa. Secondo le teorie più accreditiate alle quali hanno fortemente contribuito i ricercatori italiani nel passato, l'emissione radio degli ammassi galattici ha origine da elettroni che vengono accelerati attraverso moti turbolenti. I ricercatori del team pensano quindi che la turbolenza e i vortici causati dalle collisioni tra ammassi siano stati abbastanza intensi da riuscire ad accelerare le particelle anche in un Universo giovane.

Immagine composita di osservazioni nella luce visibile (PanSTARRS), raggi X (in blu, che tracciano gas caldo tra 10 e 100 milioni di gradi) e onde radio (in rosso) che sono emesse dalle particelle accelerate a velocità prossime a quella della luce. (Immagine: PanSTARRS / NASA / Chandra / LOFAR / G. di Gennaro)


Ma c’è molto di più. “Inaspettatamente, i campi magnetici degli ammassi lontani si sono rivelati essere del tutto simili a quelli osservati nell’Universo locale”, commentano Annalisa Bonafede e Daniele Dallacasa professori al Dipartimento di Fisica e Astronomia "Augusto Righi" dell’Università di Bologna, tra gli autori dello studio. Un risultato inaspettato visto che gli ammassi fotografati da LOFAR si sono formati da “appena” un paio di miliardi di anni. Osserva Gianfranco Brunetti, dell’INAF di Bologna e anche lui nel team che ha condotto lo studio: “Non sappiamo ancora bene come si generino i campi magnetici negli ammassi di galassie. Tuttavia, la 'giovane' età degli ammassi ci ha permesso di capire quanto velocemente vengono amplificati i campi magnetici, consentendoci anche di fare un passo in avanti importante nella comprensione delle proprietà della materia negli ammassi di galassie”.

LOFAR è un telescopio realizzato per esplorare l’Universo alle basse frequenze radio (10-240 MHz). Costituito da oltre 25 mila antenne raggruppate in 51 stazioni, ha il nucleo in Olanda e stazioni disseminate in diverse nazioni europee. L'Italia è entrata nel progetto LOFAR nel 2018 e, nei prossimi anni, sarà installata dall'INAF una nuova stazione osservativa, presso Medicina, in provincia di Bologna. Si tratta di uno strumento totalmente digitale senza parti in movimento. In pratica, vengono acquisiti tutti i segnali dalle antenne, digitalizzati, e tramite sistemi dedicati si riesce a far sì che il puntamento della zona di cielo prescelta avvenga elettronicamente.

Lo studio è stato pubblicato sulla rivista Nature Astronomy con il titolo "Fast magnetic field amplification in distant galaxy clusters", di Gabriella Di Gennaro, Reinout J. van Weeren, Gianfranco Brunetti, Rossella Cassano, Marcus Brüggen, Matthias Hoeft, Timothy W. Shimwell, Huub J. A. Röttgering, Annalisa Bonafede, Andrea Botteon, Virginia Cuciti, Daniele Dallacasa, Francesco de Gasperin, Paola Domínguez-Fernández, Torsten A. Enßlin, Fabio Gastaldello, Soumyajit Mandal, Mariachiara Rossetti e Aurora Simionescu.