Il professor Marcello Lanari e la professoressa Maria Pia Fantini
La chiusura delle scuole è stata una delle prime misure attuate su ampia scala per contenere la diffusione del contagio da Covid-19, con le attività didattiche che sono proseguite a distanza nei lunghi mesi di lockdown. In vista del prossimo anno scolastico, l’attenzione è ora concentrata su come organizzare il rientro in classe e quali misure attuare per evitare una ripresa dei contagi.
Un gruppo di ricercatori dell’Università di Bologna ha raccolto alcuni dati utili sul tema, offrendo una serie di suggerimenti in un intervento pubblicato sull’Italian Journal of Pediatrics, organo ufficiale della Società Italiana di Pediatria: indicazioni per delineare una strategia di riapertura che metta al centro il valore sociale, educativo e psicologico del frequentare la comunità scolastica, garantendo al tempo stesso la sicurezza dei bambini e delle loro famiglie, nonché del personale che vi opera.
UniboMagazine ne ha parlato con i due docenti che hanno guidato il gruppo di ricerca: Marcello Lanari, professore di Pediatria generale e specialistica al Dipartimento di Scienze Mediche e Chirurgiche, e la professoressa Maria Pia Fantini, direttrice della Scuola di specializzazione in Igiene e Medicina preventiva al Dipartimento di Scienze Biomediche e Neuromotorie. Insieme a loro hanno firmato l’intervento gli specializzandi dell’Alma Mater Chiara Reno e Giovanni Battista Biserni, ed Elena Savoia della Harvard T.H. Chan School of Public Health.
Professor Lanari, partendo dal tema sanitario, cosa sappiamo sulla diffusione del coronavirus tra la popolazione più giovane?
Pur tenendo conto delle molte incertezze che ancora esistono sul tema, i dati che abbiamo a disposizione sui casi di Covid-19 in età pediatrica mostrano un’alta percentuale di pazienti asintomatici o con sintomi lievi o moderati. In generale, in questi casi, si arriva alla guarigione senza particolari complicazioni nel giro di una o due settimane e generalmente non risulta necessaria l’ospedalizzazione.
Numeri che vengono confermati anche se si concentra lo sguardo sul contesto italiano?
Sì, l’incidenza dei casi di Covid-19 tra i bambini fino ai 9 anni sia in Lombardia, che in Emilia-Romagna, che in Veneto è più bassa rispetto al resto della popolazione. Significativo è il caso di Vo’, in Veneto, uno dei primi focolai individuati nel nostro paese, dove l’intera popolazione è stata sottoposta a tampone per due volte e nessuno dei 234 bambini tra 0 e 10 anni testati è risultato positivo. La nostra stessa esperienza ci ha confermato la presenza di poche decine di minori infetti e tra questi un numero molto limitato di casi che hanno necessitato il ricovero.
Come tutti, anche i bambini hanno però dovuto fare i conti con le misure restrittive messe in campo per fermare la diffusione del contagio, a partire dalla chiusura delle scuole: con quali conseguenze?
Per i bambini, in particolare tra 2 e 14 anni la scuola è una parte molto importante della loro vita sociale: permette di sviluppare il loro senso di identità, di appartenenza ad una comunità e la loro personalità. Per questo, la mancanza di interazione con i loro coetanei può portare a conseguenze negative come ansia, disturbi del ritmo sonno-veglia, depressione, disturbo post-traumatico da stress: inoltre, la didattica a distanza, da questo punto di vista e probabilmente anche sotto un profilo formativo, non è un’alternativa sufficiente. Senza tener conto poi che ampie fasce di popolazione pediatrica non ne hanno potuto usufruire per vari motivi, tra i quali la mancanza di mezzi tecnologici o della connessione ad internet, o l’impossibilità parentale nel supportare la prole. E senza dimenticare, da ultimo ma non per importanza, la quota non irrilevante di bambini con disturbi specifici dell’apprendimento o disabilità che non hanno potuto usufruire di insegnanti di sostegno.
Professoressa Fantini, ora la priorità è il ritorno in classe a settembre. Quali sono le soluzioni da adottare per un rientro in sicurezza?
Una prima misura potrebbe essere la riorganizzazione delle classi in piccoli gruppi di bambini in modo da favorire il distanziamento fisico. A questa soluzione sarebbe necessario poi affiancare un ripensamento degli spazi scolastici, a partire dagli ambienti comuni, ed eventualmente l’introduzione di turni differenziati per garantire la presenza di tutti in sicurezza. Infine, ovviamente, una frequente sanificazione dei locali.
Quale può essere il ruolo degli insegnanti in questa nuova fase, anche per garantire la sicurezza dei bambini?
Sarebbe importante formare gli insegnanti fornendogli le competenze necessarie per individuare ed affrontare possibili segni di difficoltà nati dal periodo di quarantena ed isolamento a cui sono stati sottoposti i bambini. Inoltre, insegnanti e genitori devono avere tutte le informazioni necessarie perché sia possibile individuare e segnalare rapidamente possibili casi sospetti.
L’esperienza di altri paesi che hanno scelto di riaprire le scuole nei mesi scorsi può fornire indicazioni utili anche per il contesto italiano?
Il caso della Danimarca, con piccole classi e distanziamento fisico, è un buon esempio, ma anche quello del Giappone, che ha lasciato autonomia agli enti locali sulle riaperture in base ai casi di Covid-19 registrati nelle diverse aree del paese, può fornire indicazioni utili. In generale, è necessario adottare un approccio flessibile, che possa garantire le necessarie condizioni di sicurezza, adattandosi di volta in volta ai singoli contesti locali e alle risorse a disposizione.