L’utilizzo della geoingegneria solare – cioè di tecniche che permettono di schermare in parte i raggi del Sole – è una delle opzioni in campo per limitare gli effetti del cambiamento climatico causato dall’azione dell’uomo. Ma cosa succederebbe se diverse nazioni decidessero di utilizzare questa soluzione? Un gruppo di ricercatori ha studiato, per la prima volta tramite un esperimento, quali potrebbero essere le conseguenze dell’ingegneria climatica, considerando il comportamento degli attori in gioco e i fattori strategici in campo.
I risultati – pubblicati sulla rivista PNAS – mostrano talvolta esiti opposti a quelli sperati: il fattore umano nell’uso di questa tecnologia può portare perfino a una diminuzione del benessere sociale e a un aumento delle disuguaglianze a livello internazionale. “Il possibile utilizzo della geoingegneria solare apre scenari inesplorati”, spiega Marco Casari, professore dell’Università di Bologna tra gli autori dello studio. “Il nostro esperimento permette di fare luce sulle possibili conseguenze di queste scelte”.
Riuscendo a fermare il riscaldamento globale e persino ad abbassare le temperature medie del pianeta, la geoingegneria solare potrebbe permettere di controllare alcuni degli effetti del cambiamento climatico. Il problema sorge però nel momento in cui bisogna decidere quale sia la temperatura ideale: diverse nazioni in diverse parti del mondo potrebbero essere infatti interessate ad ottenere temperature diverse. Con conseguenze pericolose.
L’esperimento realizzato dagli studiosi mostra che la possibilità da parte degli stati di utilizzare l’ingegneria climatica porterebbe a forti squilibri. Le nazioni più colpite dagli effetti del cambiamento climatico sarebbero portate ad utilizzare la geoingegneria solare per abbassare le temperature oltre i livelli ottimali, raffreddando troppo il pianeta. E questo finirebbe per danneggiare altri stati in altre aree del mondo. Un effetto che, secondo i ricercatori, porterebbe di conseguenza ad incentivare azioni in senso opposto, scatenando così una vera e propria “guerra geoingegneristica” tra nazioni con interessi diversi.
Invece che offrire una soluzione comune ad un problema che affligge tutto il mondo, l’applicazione unilaterale dell’ingegneria climatica potrebbe portare insomma ad una diminuzione del benessere sociale e ad un aumento delle disuguaglianze a livello globale. “Come succede nell’ingegneria aeronautica, quando i prototipi vengono testati nella galleria del vento per rivelare possibili errori di progettazione, nelle scienze sociali il metodo sperimentale permette di evidenziare, come in questo caso, le criticità di nuove politiche, regole o istituzioni”, conferma il professor Casari. “I risultati ottenuti offrono indicazioni importanti per gestire possibili negoziazioni internazionali su questi temi”. E più in generale sottolineano come il fattore umano – con le sue scelte sia razionali che irrazionali – sia un elemento fondamentale di cui tener conto nella gestione di tutte le scelte politiche connesse alla lotta al cambiamento climatico.
Lo studio è stato pubblicato sulla rivista PNAS con il titolo “Solar geoengineering may lead to excessive cooling and high strategic uncertainty”. Per l’Università di Bologna ha partecipato il professor Marco Casari del Dipartimento di Scienze economiche. Tra gli autori ci sono inoltre studiosi di RFF-CMCC European Institute of the Economics and the Environment, Fondazione Centro Euro-Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici, Università Bocconi, Università di Milano-Bicocca e Politecnico di Milano.