Il volto di una giovane donna vissuta in Sicilia in epoca tardo imperiale ricostruito grazie al lavoro di un gruppo di ricerca dell’Università di Bologna: si tratta di uno dei risultati presentati al termine della nuova campagna di scavo nella necropoli di Chiaramonte Gulfi, in provincia di Ragusa. Partito due anni fa, il progetto archeologico nel sito di Chiaramonte Gulfi è guidato dipartimenti di Storia Culture e Civiltà (prof.ssa Isabella Baldini) e di Beni Culturali dell’Alma Mater (prof. Salvatore Cosentino), in collaborazione con la Soprintendenza archeologica di Ragusa (dott. Saverio Scerra e dott.ssa Annamaria Sammito), il Comune di Chiaramonte Gulfi e la Cooperativa Sociale Nostra Signora di Gulfi (dott. Francesco Cardinale, archeologo). Le indagini si svolgono in un’area di proprietà della Cooperativa e rientrano in un progetto sociale più ampio per la formazione di richiedenti asilo e minorenni in messa alla prova.
La necropoli è parte di un grande insediamento rurale che si è sviluppato in epoca imperiale, tardoantica e bizantina. Era legata ad un abitato che si trovava lungo la strada che collegava Siracusa a Selinunte, di cui si hanno notizie a partire dal VI secolo a.C. e fino al 1290. Non a caso la zona ha restituito nel tempo numerosi ritrovamenti archeologici.
L’ultima campagna di scavo condotta dagli studiosi dell’Alma Mater si è svolta tra agosto e settembre, offrendo molte novità. “Pur con tutte le difficoltà legate alla situazione sanitaria attuale, abbiamo deciso di proseguire i lavori di scavo attuando tutte le misure previste dal protocollo per la sicurezza nei cantieri archeologici”, dice la professoressa Baldini, che guida il gruppo di scavo. “Ad oggi sono state portate alla luce 187 tombe, con 56 inumati e un numero considerevole di reperti come vasi fittili, vitrei, oggetti di ornamento personale, reperti numismatici ed epigrafi che confermano la datazione della necropoli in un periodo compreso tra il III e il V secolo”.
La ricostruzione del volto della giovane donna nasce dall’analisi i resti rinvenuti in una delle sepolture. Antonino Vazzana, assegnista di ricerca del Dipartimento di Beni Culturali, ha composto l’immagine partendo del cranio della donna e proseguendo con l’integrazione delle parti mancanti, l'inserimento virtuale di spessori secondo modelli condivisi dalla comunità scientifica, fino ad arrivare alla resa dell'immagine fisica nei suoi tratti fisiognomici.