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L’esitazione vaccinale anti COVID-19 in Emilia-Romagna

Da un’indagine realizzata lo scorso gennaio emergono caratteristiche e preoccupazioni delle persone che ritardano la loro adesione alla campagna o rifiutano del tutto la vaccinazione


Il successo della campagna di vaccinazione di massa contro la COVID-19 passa anche da strategie mirate per combattere il fenomeno dell’esitazione vaccinale. Per questo è importante capire chi sono le persone che ritardano la loro adesione alla campagna o rifiutano del tutto la vaccinazione. Un gruppo di ricerca guidato da studiosi dell’Università di Bologna ha indagato questo fenomeno con un’analisi mirata alla popolazione dell’Emilia-Romagna, i cui esiti sono stati pubblicati sulla rivista Vaccines.

L’indagine è stata realizzata lo scorso gennaio, quando la campagna vaccinale era appena partita, e ha coinvolto un campione di circa mille persone, rilevando un livello di esitazione vaccinale del 31%: un dato in linea con quando emerso da studi simili realizzati sia in Europa che negli Stati Uniti. La rapidità nello sviluppo e nella produzione dei vaccini, il livello di efficacia nel proteggere dalla malattia e dall’infezione, e i possibili effetti collaterali a breve e a lungo termine sono le principali preoccupazioni emerse.

“L’esitazione vaccinale è un fenomeno complesso, legato al contesto e al periodo specifico in cui ci si trova: ne abbiamo già visto i frutti in passato con la riduzione delle coperture vaccinali nell’infanzia e adolescenza, che hanno richiesto l’introduzione dell’obbligo vaccinale per la frequentazione delle comunità educative”, spiega la professoressa Maria Pia Fantini, direttrice della Scuola di Specializzazione in Igiene e Medicina Preventiva dell’Università di Bologna. “I risultati del nostro studio confermano questa complessità, facendo emergere elementi comuni con fenomeni di esitazione per altri vaccini, ma anche caratteristiche peculiari della campagna vaccinale contro la COVID-19”.

Il campione su cui si è concentrato lo studio, rappresentativo della popolazione di età compresa tra i 18 e i 70 anni residente in Emilia-Romagna, includeva 1011 soggetti reclutati tramite la società di ricerca Doxa. Ai partecipanti è stato somministrato un questionario con una serie di domande riguardanti caratteristiche sociodemografiche, esperienze passate nei confronti di altre vaccinazioni, la percezione del rischio di infezione da SARS-CoV-2 (inteso sia come rischio di infettarsi che di infettare altri) e la propensione nei confronti della vaccinazione contro la COVID-19. Nel complesso, il 69% del campione ha espresso fiducia nei confronti dei vaccini anti COVID-19 e quindi la volontà di vaccinarsi, mentre il 31% ha mostrato esitazione nei confronti della campagna vaccinale.

Questa esitazione vaccinale è emersa maggiormente nella fascia di popolazione tra i 35 e i 54 anni. Una spiegazione di questo andamento a U e quindi di una possibile maggiore adesione dei soggetti più giovani e di quelli più anziani - notano gli studiosi - potrebbe essere da un lato il maggiore rischio a cui è sottoposta la popolazione anziana in caso di infezione da SARS-CoV-2 e dall’alto una maggiore preoccupazione da parte della popolazione più giovane di infettare familiari e parenti anziani.

Oltre all’età, le altre principali caratteristiche di chi ha espresso esitazione vaccinale sono: esperienze passate di rifiuto di vaccinazione, basso livello socioeconomico e basso livello di istruzione, percezione di un basso rischio di infettarsi e infettare gli altri, assenza di comorbidità, genere femminile.

Il basso tasso di scolarità e livello socioeconomico negli esitanti, in particolare, sono caratteristiche in controtendenza rispetto all’esitazione vaccinale realizzate prima della pandemia, quando erano invece i genitori più abbienti e con un più alto livello di istruzione ad avere maggiori riserve sulla vaccinazione dei figli.

“La sicurezza e l’efficacia dei vaccini contro la COVID-19 sono le principali preoccupazioni emerse tra chi si dimostra esitante: elementi che rivelano l’importanza di affrontare con chiarezza questi temi nelle azioni di comunicazione legate alla campagna vaccinale”, dice Chiara Reno, prima autrice dello studio e specializzanda in Igiene e Medicina Preventiva all’Università di Bologna. “Confrontarsi con chi mostra esitazioni, ascoltare i loro dubbi e rispondere alle loro domande offrendo informazioni chiare e basate su dati certi è fondamentale per aumentare i livelli di adesione e arrivare così a contenere la pandemia”.

La sfida è infatti arrivare ad una quota di popolazione vaccinata superiore al 70-80%, soglia necessaria per stroncare la circolazione del virus e proteggere di fatto anche chi non si può vaccinare, e che potrebbe anche aumentare in presenza di varianti del virus più contagiose. Promuovere l’adesione alla campagna e contrastare l’esitazione vaccinale è quindi un obiettivo primario a tutti i livelli. “Per raggiungere questo obiettivo è importante tenere conto delle situazioni legate al contesto territoriale e alla fase in cui ci si trova”, conclude Chiara Reno. “Svolgere periodicamente indagini come questa sarà quindi fondamentale per monitorare l’evoluzione dei livelli di esitazione e pianificare azioni di comunicazione mirate ed efficaci”.

Lo studio è stato pubblicato sulla rivista Vaccines con il titolo “Enhancing COVID-19 Vaccines Acceptance: Results from a Survey on Vaccine Hesitancy in Northern Italy”. L’indagine è stata guidata da un gruppo di ricerca del Dipartimento di Scienze Biomediche e Neuromotorie dell’Università di Bologna: Chiara Reno, Elisa Maietti, Maria Pia Fantini, Marco Montalti e Davide Gori. Hanno partecipato inoltre studiosi dell’Università di Harvard (USA) e dell’Università di Ferrara.