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Individuata la funzione di una proteina le cui mutazioni possono causare rare forme di atrofia ottica

Un nuovo studio realizzato da un gruppo internazionale di ricerca ha permesso di analizzare il meccanismo, finora sconosciuto, che porta al disassemblaggio del complesso I, importante enzima che contribuisce al metabolismo energetico cellulare e il cui malfunzionamento è la più comune causa delle malattie mitocondriali


Un gruppo internazionale di ricerca guidato da studiosi dell’Università di Bologna e dell’Università di Cambridge (Regno Unito) ha individuato la funzione della proteina TMEM126A le cui mutazioni possono generare alcune rare forme di atrofia ottica mitocondriale che provocano una progressiva perdita della vista.

Pubblicato sulla rivista Cell Reports, lo studio mostra che la mancanza del gene TMEM126A impedisce il corretto funzionamento del "complesso I mitocondriale", un importante enzima che contribuisce al metabolismo energetico cellulare. In assenza del gene TMEM126A, si genera quindi un’alterazione metabolica che favorisce la morte delle cellule.

“Il complesso I è il principale enzima della catena respiratoria mitocondriale, fondamentale per garantire il processo di respirazione cellulare: è composto da 46 subunità e la sua costruzione avviene attraverso un complesso meccanismo, a cui contribuiscono diverse proteine chiamate ‘fattori di assemblaggio’”, spiega Luisa Iommarini, ricercatrice al Dipartimento di Farmacia e Biotecnologie che ha coordinato lo studio. “Proprio a causa della sua importanza, alterazioni genetiche e funzionali del complesso I contribuiscono alla patogenesi di diverse patologie, dalle malattie neurodegenerative fino al cancro, e sono la più comune causa delle malattie mitocondriali, tra cui le atrofie ottiche ereditarie”.

Per capire i meccanismi che regolano la costruzione di questa complessa macchina bioenergetica, gli studiosi hanno ora analizzato modelli cellulari umani in vitro in cui è stata eliminata una delle 46 subunità del complesso I, finora considerata essenziale per il suo funzionamento: la proteina NDUFS3. In questo modo, effettuando un’analisi globale delle proteine mitocondriali, i ricercatori sono riusciti a studiare il meccanismo, finora non caratterizzato, che porta al disassemblaggio del complesso I.

"I risultati dello studio hanno mostrato innanzitutto che, al contrario di quanto si era pensato finora, una piccola quantità del complesso I continua a funzionare anche in mancanza della proteina NDUFS3; e allo stesso tempo abbiamo potuto individuare per la prima volta il meccanismo modulare attraverso il quale il complesso I si destruttura in mancanza di questa proteina", dice ancora Iommarini. "Questo ci ha quindi portato ad identificare la proteina TMEM126A come nuovo importante fattore di assemblaggio del complesso I".

Il gene che codifica per la proteina TMEM126A è stato recentemente identificato come la causa genetica di alcune rare forme di atrofie ottiche mitocondriali, ma fino ad oggi non era chiaro il meccanismo d’azione che porta a questi disturbi. Questo nuovo studio ha così mostrato che la proteina TMEM126A è necessaria per un corretto assemblaggio del complesso I, e la sua mancanza provoca quindi un’alterazione metabolica che favorisce la morte cellulare.

Lo studio è stato pubblicato sulla rivista Cell Reports con il titolo “NDUFS3 depletion permits complex I maturation and reveals TMEM126A/OPA7 as an assembly factor binding the ND4-module intermediate”. La ricerca è stata coordinata da Luisa Iommarini e Anna Maria Porcelli, docenti del Dipartimento di Farmacia e Biotecnologie dell'Università di Bologna, insieme ad Erika Fernandez-Vizarra (Università di Cambridge, Regno Unito) e Massimo Zeviani (Università di Padova). Hanno collaborato inoltre Ivana Kurelac e Giuseppe Gasparre del Dipartimento di Scienze Mediche e Chirurgiche dell’Università di Bologna e Ian M. Fearnley dell’Università di Cambridge.

Lo studio ha visto il coinvolgimento di giovanissimi ricercatori nell’ambito del progetto Horizon 2020 Marie Skłodowska-Curie “TRANSMIT: Translating the role of mitochondrial in tumorigenesis”, coordinato da Anna Maria Porcelli. È stato inoltre finanziato dall’Università di Bologna attraverso il programma AlmaIdea Junior con il progetto “INTACT: Induzione della pseudoNormossia come Terapia Adiuvante per il Cancro”, coordinato da Luisa Iommarini. Hanno contribuito anche la Fondazione Dal Monte di Bologna ed il Centro Studi della Barbariga (Padova) mediante finanziamenti finalizzati all’acquisizione di strumenti indispensabili per le attività di ricerca realizzate all’Alma Mater.