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Una rara mutazione nell’orzo (e nel frumento) genera radici con crescita "ultraverticale"

La scoperta – individuata da studiosi dell’Università di Bologna e dell’Università di Bonn – potrebbe aprire la strada allo sviluppo di nuove varietà di cereali capaci di fronteggiare le conseguenze del cambiamento climatico


Test di risposta alla gravità. Dopo 5 giorni dalla germinazione, le piantine sono posizionate a 90° rispetto al suolo. Dopo 48 ore dal riposizionamento, la linea che porta la mutazione al gene egt2 (in basso) riallinea la direzione di crescita delle radici verso il basso molto più velocemente dell’orzo non mutato (in alto)

 

Un gruppo di ricerca guidato da studiosi dell’Università di Bologna e dell’Università di Bonn (Germania) ha individuato un nuovo gene responsabile del meccanismo – fino ad oggi ignoto – che regola la crescita delle radici delle piante verso il basso, in risposta alla forza di gravità.


I risultati dello studio – pubblicati sulla rivista PNAS – aprono la strada al possibile sviluppo di nuove varietà di cereali più resistenti a condizioni di siccità e adatte quindi a fronteggiare le conseguenze del cambiamento climatico.


“Con l’aumento dei periodi di siccità dovuti ai cambiamenti climatici, l’architettura del sistema radicale delle piante potrebbe diventare di grande importanza per continuare a garantire buoni raccolti”, spiega Silvio Salvi, professore al Dipartimento di Scienze e Tecnologie Agro-Alimentari dell’Università di Bologna, tra i coordinatori dello studio. “Per questo, conoscere i meccanismi fisiologici di crescita delle radici, e i geni coinvolti, potrebbe permettere di progettare nuove cultivar di cereali capaci di esplorare il suolo in modo più efficiente”.

La scoperta nasce dallo screening di una collezione di piante di orzo, sviluppate dal gruppo di ricerca dell’Università di Bologna, che presentavano diverse mutazioni. Una di queste, in particolare, mostrava una crescita “ipergravitropica” delle radici: lo sviluppo delle radici seguiva cioè la direzione della gravità in modo molto più accentuato rispetto alla norma. Gli studiosi hanno così deciso di indagare le cause di questo comportamento insolito.

Analizzando il genoma della pianta a crescita “ultraverticale”, i ricercatori hanno individuato una mutazione in un gene, che hanno chiamato “egt2” (“enhanced gravitropism 2”). Per confermare il ruolo di questo particolare gene nello sviluppo delle radici, hanno poi creato artificialmente la stessa mutazione in una pianta di orzo normale (attraverso la tecnica di editing genomico CRISPR-Cas9) e verificato che questa provocava lo stesso fenomeno di crescita verticale.

Le piante sono state coltivate in speciali contenitori che possono essere inseriti all’interno di macchine per la risonanza magnetica: in questo modo è stato possibile osservare e seguire lo sviluppo delle radici all’interno del terreno. Inoltre, i ricercatori hanno provato a far crescere alcune piante di orzo posizionandole a 90 gradi rispetto al suolo, rilevando che le radici di quelle con la mutazione del gene egt2 seguivano la direzione della gravità molto più delle altre.

Non solo: gli studiosi hanno anche dimostrato che questo fenomeno non esiste solamente nell’orzo, ma lo stesso gene è presente con la stessa funzione anche nel frumento, la principale coltura agraria mondiale.

“Il gene che abbiamo individuato gioca un ruolo importante non solo nello sviluppo delle radici dell’orzo, ma anche per il frumento, e questo dimostra che si tratta di un elemento che si è conservato nel corso dell’evoluzione”, conferma Serena Rosignoli, dottoranda dell’Università di Bologna e co-prima autrice dello studio. “La scoperta di questa mutazione potrebbe quindi essere un punto di partenza per lo sviluppo di nuove varietà di cereali capaci di cercare acqua e sostanze nutritive in profondità nel terreno”.

Lo studio è stato pubblicato sulla rivista PNAS con il titolo “ENHANCED GRAVITROPISM 2 encodes a STERILE ALPHA MOTIF-containing protein that controls root growth angle in barley and wheat”. Per l’Università di Bologna hanno partecipato Serena Rosignoli, Raffaella Balzano, Cristian Forestan, Riccardo Bovina, Roberto Tuberosa e Silvio Salvi del Dipartimento di Scienze e Tecnologie Agro-Alimentari.