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Una scia di stelle antichissime è stata individuata ai bordi della Via Lattea

Si tratta dei resti di un ammasso stellare inglobato dalla nostra galassia: il livello estremamente basso di elementi pesanti – ben al di sotto di quanto finora rilevato in qualunque altra struttura nell’universo – indica che deve essersi formato a partire da alcune tra le primissime generazioni di stelle mai nate


La posizione dell'ammasso stellare C-19, ai margini della Via Lattea (Immagine: International Gemini Observatory / NoirLab / Nsf / Aura / J. Da Silva / Spaceengine)


Un gruppo internazionale di ricercatori, che ha coinvolto anche studiosi dell’Università di Bologna, ha individuato per la prima volta i resti di un ammasso stellare le cui stelle contengono una quantità sorprendentemente bassa di elementi pesanti (cioè tutti gli elementi più pesanti dell’idrogeno e dell’elio): fino allo 0,04% di quanti ne sono presenti nel Sole e ben al di sotto di quanto finora rilevato in qualunque altra struttura nell’universo. Una caratteristica da cui si può dedurre che questo ammasso deve essersi formato a partire da alcune tra le primissime generazioni di stelle dell’universo.

L’esistenza di ammassi stellari tanto “incontaminati” era fino ad oggi dibattuta: alcune teorie li consideravano ormai scomparsi, altre ipotizzavano addirittura che non potessero mai essere esistiti. Questa nuova scoperta – pubblicata su Nature – è allora un importante passo avanti per la comprensione del processo di formazione delle stelle nell’universo primordiale.

Gran parte degli elementi pesanti – carbonio, ossigeno, ferro e così via – viene infatti prodotta all’interno di stelle di grandi dimensioni e poi rilasciata nel gas interstellare al termine del loro ciclo di vita, attraverso i venti stellari o in seguito ad esplosioni di supernove. Dal gas interstellare così arricchito nascono poi nuove stelle. Ad esempio il Sole, che si è formato 4,5 miliardi di anni fa e la cui massa è composta per il 98,5% da idrogeno ed elio e per l’1,5% da elementi pesanti. Questo significa che le prime generazioni di stelle dovevano contenere quantità estremamente basse di elementi pesanti. Proprio come quelle individuate in questo nuovo studio.

Il gruppo di ricerca ha utilizzato un approccio noto come “Archeologia galattica”. Invece di osservare le galassie più distanti e quindi più antiche, hanno infatti deciso di analizzare con estrema attenzione le strutture più antiche presenti all’interno della nostra galassia, la Via Lattea.

“Molte delle stelle che ci circondano, a partire dal Sole, si sono formate all’interno della nostra galassia, ma ci sono anche alcune stelle, in particolare nelle zone più esterne, che sono nate in galassie più piccole e sono state poi inglobate successivamente all’interno della Via Lattea”, spiega Alessio Mucciarelli, professore al Dipartimento di Fisica e Astronomia dell’Università di Bologna e associato INAF, tra gli autori dello studio. “L’ammasso stellare che abbiamo scoperto fa parte di questa seconda, e ben più rara, categoria: è stato prima inglobato nella nostra galassia e ha poi iniziato a viaggiare al suo interno, perdendo lentamente la sua forma e lasciando dietro di sé una scia di stelle”.

Distribuzione di ammassi globulari all'interno della Via Lattea: ogni punto rappresenta un ammasso che contiene da migliaia a milioni di stelle. I colori dei punti rappresentano l'abbondanza di elementi pesanti rispetto a quelli presenti nel Sole. Le stelle dell'ammasso C-19 sono indicate in azzurro (Immagine: N. Martin / Strasbourg Astronomical Observatory / CNRS; Canada-France-Hawaii Telescope / Coelum; ESA / Gaia / DPAC)


Il gruppo di ricerca – coordinato da Nicolas Martin dell’Observatoire astronomique de Strasbourg (Francia) – è partito della mappa estremamente dettagliata delle posizioni e dei movimenti delle stelle prodotta dalla missione spaziale Gaia, lanciata nel 2013 dall’Agenzia Spaziale Europea (ESA). Elaborando i dati attraverso un nuovo algoritmo, gli studiosi sono quindi riusciti a individuare nella Via Lattea alcuni rari gruppi di stelle che si muovono in concerto, tra cui in particolare un possibile nuovo sistema stellare che è stato chiamato C-19.

Combinando poi questi risultati con la mappatura Pristine del Canada-France-Hawaii Telescope (CHFT), che ha analizzato la quantità di elementi pesanti presenti all’interno di milioni di stelle, è emerso un risultato sorprendente: all’interno delle stelle di C-19 è presente una quantità estremamente bassa di elementi pesanti.

Ulteriori osservazioni – con il Telescopio Gemini North alle Hawaii e con il Gran Telescopio Canarias a La Palma – hanno confermato che queste stelle condividono caratteristiche chimiche proprie di un distinto ammasso stellare. E hanno confermato anche i livelli incredibilmente bassi di elementi pesanti presenti al loro interno: 2500 volte più bassi rispetto a quelli presenti nel Sole e ben al di sotto di quanto finora rilevato in qualunque altra struttura nell’universo.

“Questo reperto stellare che proviene da tempi estremamente remoti ci offre uno sguardo diretto e unico all’interno delle prime fasi della formazione di stelle nell’universo e della nascita delle primissime strutture stellari”, dice ancora Mucciarelli. “E questo è solo l’inizio: grazie ai continui aggiornamenti delle mappe della Via Lattea offerti dalla missione Gaia e della survey Pristine potremo continuare a scoprire nuovi gruppi di stelle con caratteristiche straordinarie, come se fossero preziose testimonianze fossili di tempi antichissimi”.

Lo studio è stato pubblicato sulla rivista Nature con il titolo “A stellar stream remnant of a globular cluster below the metallicity floor”. Per l’Università di Bologna hanno partecipato Alessio Mucciarelli e Carmela Lardo del Dipartimento di Fisica e Astronomia "Augusto Righi".