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Neuroscienze per una vita senza barriere

Nell'ambito dell'iniziativa @UniboPER/PhD Storytelling, Marta Tabanelli, dottoranda in Scienze Biomediche e Neuromotorie, racconta come si potrebbero migliorare le prestazioni delle neuroprotesi approfondendo il ruolo delle regioni del cervello coinvolte nel localizzare un oggetto con cui si vuole interagire, dirigere lo sguardo su di esso ed organizzare il movimento



La rassegna delle storie di ricerca raccontate da giovani protagonisti nasce dall'iniziativa @UniboPER/PhD Storytelling, che ha visto dottorande e dottorandi confrontarsi con esperti di divulgazione, professionisti di UGIS (Unione Giornalisti Italiani Scientifici) e di UniboMagazine. Autrice di questo articolo è Marta Tabanelli, dottoranda in Scienze Biomediche e Neuromotorie.

Secondo le stime dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, più di un miliardo di persone nel mondo vive con qualche forma di disabilità. Particolarmente invalidanti sono le disabilità associate a paralisi dovute a lesioni del midollo spinale, ictus e malattie neurodegenerative.

Grazie alla ricerca scientifica, sono sempre più numerose le persone che fortunatamente sopravvivono a queste condizioni, ma che allo stesso tempo convivono con una disabilità a lungo termine. Ciò porta l’attenzione sull’esigenza di sviluppare dispositivi sempre più avanzati che possano aiutare il paziente sul piano personale e sociale ad interagire attivamente con l’ambiente, migliorando la propria qualità di vita.


Ricerche interdisciplinari che combinano il campo delle neuroscienze con la tecnologia hanno portato negli anni allo sviluppo di neuroprotesi o interfacce cervello-macchina per persone con gravi disabilità motorie, come i pazienti tetraplegici. Il funzionamento di tali sistemi si basa sulla rilevazione di segnali elettrici provenienti dal cervello del paziente che vengono digitalizzati e tradotti in comandi atti a guidare dispositivi esterni come una sedia a rotelle motorizzata o un arto artificiale.

Ma in che modo è possibile migliorare le prestazioni di queste neuroprotesi? Innanzitutto è bene indagare sulle aree del cervello maggiormente coinvolte nella pianificazione ed esecuzione del movimento volontario, per poi estrarre da esse le informazioni utili al controllo della neuroprotesi.

Negli anni, studi condotti nell’ambito della neurofisiologia hanno dimostrato come vi siano aree nella corteccia parietale del cervello implicate in tutte le fasi di elaborazione di un atto motorio. In particolare, aree incluse nel Lobulo Parietale Superiore (SPL) della corteccia parietale consentono di localizzare l’oggetto col quale si vuole interagire, dirigere lo sguardo su di esso ed organizzare il movimento del braccio monitorando la sua posizione nello spazio.


Una ricerca svolta nel Laboratorio di Neurofisiologia e neuroanatomia funzionale del sistema visuomotorio del Dipartimento di Scienze Biomediche e Neuromotorie dell’Università di Bologna – diretto dalla prof.ssa Fattori e composto dai ricercatori R. Breveglieri, M. De Vitis, M. Filippini e M. Tabanelli – ha maggiormente caratterizzato tre regioni dell’SPL, validando differenze funzionali tra di esse. È emersa una grande specificità di azione di queste regioni del cervello nell’analisi della direzione dello sguardo e della posizione del braccio durante un movimento. È grazie a questa specificità nell’integrare i segnali di occhio e mano che il movimento del braccio può essere eseguito correttamente. Tali evidenze supportano il potenziale impiego di queste aree come fonti di segnali per il controllo di neuroprotesi codificando più parametri sensoriali utili all’organizzazione del movimento.

Le informazioni relative al controllo della posizione degli occhi e del braccio nello spazio estratte da queste aree potrebbero essere quindi implementate in sistemi collegati ad un arto robotico per migliorarne le prestazioni. Si potrebbe dunque giungere ad un controllo più accurato della neuroprotesi e maggiormente coerente all’intento di utilizzo del singolo paziente. Da qui l’importanza di tali ricerche neuroscientifiche che, unite allo sviluppo tecnologico, mirano a produrre sistemi di assistenza sempre più all’avanguardia centrati sulle personali esigenze del paziente.