La rassegna delle storie di ricerca raccontate da giovani protagonisti nasce dall'iniziativa @UniboPER/PhD Storytelling, che ha visto dottorande e dottorandi confrontarsi con esperti di divulgazione, professionisti di UGIS (Unione Giornalisti Italiani Scientifici) e di UniboMagazine. Autore di questo articolo è Ferdinando Toscano, dottorando in Psicologia.
Ricerche sul lavoro remoto suggeriscono che alternare tra lavoro a casa e lavoro in ufficio sia la migliore modalità che dipendenti e manager dovrebbero adottare. Il lavoro “ibrido” può e deve essere la nuova normalità: 12-15 ore di lavoro a settimana fuori dall’ufficio, a casa o in altro luogo, aiutano a conciliare lavoro e famiglia, rendono i lavoratori soddisfatti ed efficaci e li proteggono dall’isolamento e dallo stress da computer.
C’è però da dire che soluzioni panacea, valide per tutti, non esistono. I dipendenti delle aziende hanno esigenze sempre più diversificate e ciò richiede un’attenzione particolare per ciascun individuo, o per gruppi di lavoratori con esigenze simili.
Su questa scorta, un nuovo studio delle università di Bologna e Chieti-Pescara suggerisce di fatto come anche elementi in apparenza solo positivi, come una buona relazione con il capo, rischino di diventare deleteri per alcuni lavoratori.
Lo studio – basato su un ampio campione di 455 lavoratori a casa e pubblicato sulla prestigiosa rivista Social Sciences – indica infatti che un rapporto troppo positivo con il capo rischierebbe, nei lavoratori meno convinti di saper fronteggiare efficacemente il lavoro, di peggiorare anziché migliorare la loro gestione del rapporto tra vita familiare e lavoro. Ciò non avverrebbe, invece, nei lavoratori più convinti di saper fronteggiare i problemi di lavoro, per i quali a una buona relazione con il capo si associa un più efficace bilanciamento tra casa e lavoro.
Studi del genere dimostrano i limiti del lavoro prevalentemente svolto a casa, ma anche la necessità di considerare quanto il vestito del lavoro agile possa adattarsi diversamente a seconda di chi lo indossa.
Due sono quindi i principali indirizzi per il lavoro di oggi e di domani. Da un lato, la possibilità di svolgerlo a casa un paio di giorni a settimana, per massimizzare i benefici del lavoro agile senza penalizzare relazioni, scambio di informazioni e cooperazione in ufficio con superiori e colleghi: il risultato è un lavoro “ibrido” a tutti gli effetti. Dall’altro lato, uffici risorse umane e manager dovrebbero segmentare il più possibile la forza lavoro, sulla base di caratteristiche della persona ma anche delle situazioni familiari e del ruolo svolto: questo consente di personalizzare il lavoro ibrido e tararne regole e comportamenti a seconda delle esigenze dei dipendenti che hanno di fronte.
Se la pandemia ha incentivato l’utilizzo del lavoro remoto come pillola adatta a tutti, questo è il momento per aggiustare le dosi e scegliere il principio attivo migliore a seconda del paziente che si ha di fronte. Non c’è tempo da perdere.