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Al via un progetto di ricerca internazionale per individuare le cause di una rara distrofia muscolare

Gli studiosi cercheranno di determinare il meccanismo patogenetico alla base della distrofia muscolare dei cingoli D2: rara malattia genetica che colpisce i tessuti muscolari striati, per la quale non esistono ancora terapie specifiche

Grazie ad un finanziamento assegnato dalla French Muscular Dystrophy Association (AFM-Téléthon), prende via un progetto di ricerca internazionale pensato per individuare le cause della distrofia muscolare dei cingoli D2, una rara malattia genetica che colpisce i tessuti muscolari striati, ovvero i muscoli che ricoprono lo scheletro e tutti i sistemi legati alla locomozione e ai movimenti volontari.

"Il meccanismo patogenetico di questa distrofia è oggi ancora sconosciuto e non esistono terapie specifiche", spiega Giovanna Cenacchi, professoressa al Dipartimento di Scienze Biomediche e Neuromotorie dell'Università di Bologna, che guida il progetto. "Sappiamo che questa malattia è causata dalla mutazione del gene della Transportina 3: il nostro obiettivo principale è quindi comprendere il ruolo di questa proteina nel meccanismo patogenetico, un elemento chiave per poter sviluppare terapie efficaci".

Con questo obiettivo, gli studiosi utilizzeranno sia colture in vitro su scaffold biocompatibili di cellule muscolari embrionali (mioblasti) prelevate da pazienti affetti da distrofia muscolare che cellule staminali pluripotenti indotte (iPSC, induced Pluripotent Stem Cells), una tipologia di cellule staminali generate artificialmente.

Il progetto - intitolato "Role of TNPO3 in the pathogenetic mechanism of LGMD D2: comparison between disease models" - coinvolge il Dipartimento di Scienze Biomediche e Neuromotorie dell'Università di Bologna, con il Laboratorio di Patologia e Diagnostica Subcellulare, il Dipartimento di Scienze della Vita e Biotecnologie dell’Università di Ferrara e il Centre de Référence des Maladies Neuromusculaires dell'Université Paris-Est Créteil (UPEC) (prof. Edoardo Malfatti).

Il progetto vede, inoltre, un’ampia collaborazione interdisciplinare nell’ambito dell’Università di Bologna coinvolgendo anche studiosi del Dipartimento di Medicina Specialistica, Diagnostica e Sperimentale (prof.ssa Flavia Frabetti), del Dipartimento di Chimica “Giacomo Ciamician” (prof.ssa Maria Letizia Focarete) e del Dipartimento di Scienze per la Qualità della Vita (dr.ssa Raffella Casadei).