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Il cambiamento climatico ha amplificato la grande siccità del 2022

Confrontando osservazioni atmosferiche nel periodo compreso tra il 1836 e il 2021, studiosi dell’Università di Bologna e del CNRS hanno mostrato come il riscaldamento globale abbia contribuito non solo ad ampliare l’area geografica colpita, ma anche ad aumentare l’intensità del fenomeno


Il cambiamento climatico causato dall’uomo ha giocato un ruolo importante nell’ampliare e intensificare la grande siccità che lo scorso anno ha colpito gran parte dell’Europa occidentale, Italia compresa. Lo dimostra una ricerca pubblicata sulla rivista Environmental Research Letters e realizzata da studiosi del CNRS (Francia) e dell’Università di Bologna.

"Il nostro studio chiarisce il ruolo del cambiamento climatico causato dall'uomo nella siccità eccezionale del 2022", spiega Salvatore Pascale, ricercatore al Dipartimento di Fisica e Astronomia "Augusto Righi" dell'Università di Bologna, nel gruppo di ricerca di Fisica Atmosferica, tra gli autori dello studio. "I risultati che abbiamo ottenuto evidenziano l'importanza di proseguire con gli sforzi per ridurre le emissioni di gas serra e con nuove azioni per mitigare gli effetti del cambiamento climatico".

Per gran parte del 2022 ampie parti di Francia, Italia e Spagna hanno subito condizioni di siccità intensa e prolungata. Nata dalla mancanza di precipitazioni negli ultimi mesi del 2021, la siccità è emersa a partire dal marzo 2022 nel nord ovest dell'Italia, per diffondersi poi nel resto dell'Europa occidentale nei mesi successivi. La situazione si è ulteriormente aggravata in primavera e in estate a causa di una persistente mancanza di precipitazioni accompagnata, a partire dal mese di maggio, da una serie di ondate di calore.

Le conseguenze sono state molto gravi, non solo per l’agricoltura e gli ecosistemi naturali ma anche per la produzione di energia, che è stata rallentata a causa della mancanza di acqua per le centrali idroelettriche e per gli impianti di raffreddamento. In Italia, circa il 50% della popolazione è stata interessata dal razionamento dell'acqua, specialmente al nord. Il Po ha raggiunto minimi storici di portata: una condizione che ha favorito il deflusso di acqua marina verso l'interno, con valori eccezionali di intrusione di acqua salata fino a 40 chilometri dal delta del grande fiume. Condizioni simili in termini di problemi per l’agricoltura, disponibilità di acqua e difficoltà nella produzione di energia si sono registrati anche in Spagna, Portogallo e nei Paesi Bassi, mentre la Francia ha subito anche un gran numero di incendi.

Il cambiamento climatico è stato da più parti chiamato in causa per spiegare questo fenomeno così esteso e prolungato, ma finora non c’erano analisi scientifiche che permettessero di tracciare un chiaro collegamento. Gli studiosi hanno cercato quindi di trovare una risposta concentrandosi sul rapporto tra siccità e circolazione atmosferica.

Per farlo hanno preso in considerazione il periodo compreso tra il 1836 e il 2021, identificando configurazioni di circolazione atmosferica simili a quelle del 2022, e le hanno poi confrontate con il periodo compreso tra il 1936 e il 1915, quando il riscaldamento globale era ancora assente, e con il periodo più recente, tra il 1942 e il 2021.

"I dati che abbiamo analizzato mostrano che la circolazione atmosferica ha giocato un ruolo fondamentale per lo sviluppo della siccità nel 2022: il cambiamento climatico contribuisce non solo ad ampliare l’area geografica colpita, ma aumenta anche l’intensità del fenomeno", dice Pascale. "Questo potrebbe derivare da un effetto ‘termodinamico’ del cambiamento climatico causato dall’uomo, che non sembra provocare direttamente periodi anomali di siccità, ma finisce per esacerbarli in modo significativo quando questi si presentano".

Lo studio è stato pubblicato sulla rivista Environmental Research Letters con il titolo "Persistent anticyclonic conditions and climate change exacerbated the exceptional 2022 European-Mediterranean drought". Gli autori sono Salvatore Pascale, ricercatore al Dipartimento di Fisica e Astronomia “Augusto Righi” dell’Università di Bologna, nel gruppo di ricerca di Fisica Atmosferica, con Davide Faranda e Burak Bulut del CNRS – Centre national de la recherche scientifique (Francia).