Garantire la sicurezza alimentare aumentando la produzione di grano, assicurandone la qualità proteica e riducendo le emissioni di gas serra generate dalla sintesi industriale dell'azoto presente nei fertilizzanti industriali. Sono le sfide di PanWheatGrain, progetto di ricerca PRIN coordinato dall’Università di Bologna con il Dipartimento di Scienze e Tecnologie Agro-Alimentari.
"Dai cereali proviene la parte preponderante del nostro fabbisogno calorico, sia come fonte alimentare diretta, attraverso ad esempio pane, pasta, biscotti, sia in maniera indiretta, sotto forma di carne, uova, latticini, eccetera, la cui produzione, richiede, seppur indirettamente, grandi quantità di mangimi a base di cereali", spiega Roberto Tuberosa, docente di Genetica agraria e coordinatore del progetto, ora allargatosi operativamente a dieci rilevanti partner stranieri otre agli originali cinque fondatori italiani. "È facile quindi comprendere perché in questo secolo, a fronte del previsto aumento della popolazione a livello globale ed un maggior consumo pro capite di proteine animali, occorrerà incrementare sensibilmente la produzione di cereali, abbattendo però le emissioni di gas serra e l’impronta ambientale".
A livello nazionale, il problema riguarda inoltre la tanto auspicata autosufficienza alimentare del Paese per il frumento, obiettivo raggiunto con i frumenti selezionati da Strampelli nel ventennio 1920-40.
Per attuare questi obiettivi, il lavoro degli studiosi si sta ora concentrando sul frumento duro, il progenitore da cui poi si è evoluto quello tenero. Quest’ultimo fornisce il 95% di tutto il frumento consumato globalmente, ma fa registrare una sensibile diminuzione della biodiversità del germoplasma, sensibilmente inferiore rispetto al frumento duro, con ovvie conseguenze. Inoltre, il rialzo termico degli ultimi anni riduce il periodo produttivo e ne aumenta il consumo idrico. Per questo diventa fondamentale incrementare la produzione coltivando frumenti più resilienti all’aumento termico, alla siccità e all'attacco di parassiti che il cambiamento climatico impone.
"Le devastanti conseguenze del cambiamento climatico e del conflitto Russia-Ucraina hanno creato una 'tempesta perfetta' che decurta la produttività e disponibilità del frumento: non è più ipotizzabile pensare di avere gli stessi prodotti a cui ci siamo abituati e allo stesso prezzo", precisa Tuberosa. "La genetica ed il miglioramento genetico applicati al germoplasma possono mitigare queste difficoltà, favorendo sia la produzione che la sua sostenibilità".
Accedere all'informazione di base e all'alfabeto del DNA del frumento diventa quindi fondamentale per produrre grano più sostenibile ed ecocompatibile. Un tipo di ricerca che - sottolineano gli studiosi - non significa riaprire la porta agli OGM, ma piuttosto alle NBT, le New Breeding Techniques: nuove tecniche di produzione del frumento, incluso l’editing del genoma, che ne richiedono il sequenziamento.
Nell'ambito del progetto scaturito da PanWheatGrain, la Cina contribuirà a finanziare il costoso sequenziamento per assemblare il "pangenoma", cioè la sequenza globale di numerose varietà (circa 25) di frumento duro. Per il grande paese asiatico, la coltura del frumento è infatti fondamentale per assicurare la sicurezza alimentare della sua popolazione di 1,4 miliardi di cittadini.
"È in corso un confronto per stabilire correttamente le regole di questa collaborazione con la Cina e gli altri partner internazionali, poiché miriamo a mantenere il controllo dei risultati sulla caratterizzazione del germoplasma che scaturirà dal progetto", precisa Tuberosa.
Nel frattempo, il lavoro di ricerca ha iniziato a dare i suoi frutti. Gli studiosi hanno sequenziato e identificato un nuovo gene del frumento che ne aumenta la produttività del 10-15%. Inoltre hanno identificato i geni di resistenza ad importanti malattie che minacciano la crescita della pianta: un risultato molto utile per contenere l’utilizzo dei pesticidi e per fruttuose collaborazioni con aziende sementiere.