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La gestione sociotecnica dei migranti in Europa: dalla creazione di dati dell’Altro alle conseguenze sull'ordine europeo

Dagli effetti del meccanismo degli hotspot alle conseguenze sulle vite dei migranti dei processi informatizzati di richiesta di asilo: gli esiti del progetto ERC Processing Citizenship mostrano come la gestione tecnologica delle ondate migratorie stia cambiando non solo le politiche europee, ma anche il modo in cui vengono prodotte di fatto le identità tanto degli individui che delle istituzioni


Quando un cittadino o una cittadina di paesi terzi arriva in Europa, quella persona acquista una nuova identità, che è definita dal modo con cui gli stati europei decidono di identificare e registrare le persone che arrivano ai loro confini – ovvero dai dati. Sempre più spesso identificazione e registrazione sono processi sociotecnici: ovvero mediati dalle tecnologie, mentre hanno conseguenze che vanno oltre le tecnologie stesse. Al tempo stesso, queste scelte finiscono per plasmare in maniera sottile - di fatto anche se non de jure - l’ordine e l’immagine degli stessi paesi, e dell’Unione Europea.

Sono le due facce della stessa medaglia che ha indagato Processing Citizenship, progetto di ricerca finanziato dal Consiglio Europeo della Ricerca (European Research Council - ERC) – l’organismo dell'Unione Europea che finanzia con budget di qualche milione di euro studiosi di talento impegnati in attività di ricerca di frontiera – e guidato da Annalisa Pelizza, professoressa ordinaria al Dipartimento di Filosofia e Comunicazione dell’Università di Bologna e all’Università di Twente nei Paesi Bassi. Dopo sei anni di lavori, il 26 e il 27 giugno è in programma la conferenza finale, dove saranno presentati i risultati raggiunti e le risposte alla domanda da cui è partita l’indagine: in che modo la gestione sociotecnica e basata sui dati delle migrazioni influisce sull’ordine europeo?

"Quando le cittadine di paesi terzi diventano 'migranti', attraverso la registrazione nei database di gestione delle frontiere, questo processo evoca anche un'idea specifica di che cos'è oggi l'Europa", spiega la professoressa Pelizza. "Quando ad esempio si dà priorità alla sicurezza rispetto alla salute nell'identificazione delle persone salvate in mare, sono alcuni valori specifici che vengono privilegiati rispetto ad altri; e la specifica divisione del lavoro tra agenzie nazionali e sovranazionali che viene implementata di fatto nella gestione dei database indica uno specifico funzionamento delle politiche europee sulle migrazioni".

LA STORIA DI AMINA: DA “DIRIGENTE SCOLASTICA” A “MIGRANTE”
C’è ad esempio il caso di Amina: una donna che nel luglio 2018 ha attraversato il confine tra Turchia e Grecia ed è arrivata nel centro di registrazione e identificazione di Evros. Qui i funzionari greci hanno iniziato a chiederle i dati personali necessari per avviare il processo di richiesta di asilo, ma quando è arrivato il momento di inserire nel sistema informativo la sua professione la procedura si è interrotta: Amina era una dirigente scolastica, ma il sistema non prevedeva tra i casi disponibili né “dirigente scolastico” né “insegnante”. I funzionari hanno quindi scelto di compilare il campo con la voce “altro”, e in quel momento per le autorità greche (ed europee) la vita professionale di Amina è scomparsa.

"Amina ha smesso di essere una dirigente scolastica ed è diventata una 'migrante', una forma di alterità, perché questo prevede il database: se fosse entrata in un altro Stato, avrebbe forse continuato a essere una direttrice scolastica, se il sistema informativo avesse previsto questa possibilità", dice Pelizza. "Da quel momento, le scelte future sulla sua richiesta di asilo saranno reali nelle loro conseguenze: quelle che sembrano in apparenza semplici scelte tecniche hanno invece ripercussioni molto importanti sul lungo termine per la vita delle persone".

SALUTE E SICUREZZA: IL CASO DEGLI HOTSPOT EUROPEI
Ma oltre alle “nuove identità” che vengono imposte ai migranti, queste scelte finiscono anche per modificare di fatto, operativamente le identità delle stesse istituzioni nazionali ed europee. È successo ad esempio con l’introduzione degli hotspot: un'evoluzione dei centri di identificazione e registrazione proposta attraverso un’agenda (e non un atto normativo) dall'Unione Europea a partire dal 2015 per fornire supporto da parte del personale delle agenzie Europee Europol, EASO e Frontex agli stati membri di frontiera e rafforzare così il controllo e la gestione dei confini.

"Gli hotspot hanno comportato un rimescolamento di fatto delle priorità, alterando di fatto gli ordini burocratici esistenti: il rapporto tra conoscenza sanitaria e conoscenza securitaria è stato invertito, con la prima subordinata temporalmente alla seconda", conferma Pelizza. "È un esempio di come modi distinti di rendere leggibile l’Altro – come soggetto di sicurezza o come soggetto di cura – comportino modi diversi di istituzionalizzare l’ordine europeo – cioè la subordinazione di un gruppo di attori che producono conoscenze sanitarie a un gruppo di attori che producono conoscenze securitarie".

Viaggiando tra gli hotspot ai confini europei, intervistando utenti, persone in movimento ai confini europei e sviluppatrici dei sistemi informatici, studiando documenti informatici e di policy, i ricercatori di Processing Citizenship hanno insomma mostrato come diversi modi di rendere leggibile l’alterità comportino diversi modi di istituzionalizzare l’architettura europea.

NUOVI STRUMENTI DIGITALI
Per arrivare a questi risultati – tutti pubblicati in Open Access - il team internazionale di Processing Citizenship – composto da Chiara Loschi, Lorenzo Olivieri, Paul Trauttmansdorff e Wouter Van Rossem – ha sviluppato anche nuovi metodi digitali. Tra questi, l’Ontology Explorer (sviluppato in particolare da Wouter Van Rossem): un metodo quali-quantitativo basato sul web che permette di comparare i tipi di dati raccolti da diversi sistemi informativi a livello nazionale ed europeo, permettendo così l’analisi tra i tipi di dati raccolti da diverse istituzioni. Questo permette di far emergere una divisione di fatto del lavoro di gestione delle migrazioni, che non compare nei regolamenti formali europei.

Un altro metodo sviluppato ad hoc dal team di Progetto (in particolare da Lorenzo Olivieri) è My documents, check them out: un gioco sviluppato per includere i migranti e altri attori (attivisti, avvocati, accademici, studenti) nel processo di re-design delle categorie e dei modelli di dati utilizzati per il controllo delle migrazioni. È un gioco di ruolo collaborativo – realizzato dal laboratorio artistico Checkpoint Charly – in cui ogni giocatore impersona un personaggio con la propria traiettoria di vita. Ai giocatori viene spiegato che, se vogliono rimanere "legalmente" in Italia, devono ottenere un documento presentando un modulo che contiene informazioni su di loro e sulle loro storie. Durante il gioco, devono quindi sviluppare da zero i loro moduli, chiedendo consigli e collaborando con gli altri giocatori. In sintesi, il gioco intende da un lato simulare le pratiche amministrative e securitarie a cui sono sottoposte molte delle persone che arrivano in Europa, ma dall'altro incitare i giocatori a pensare a possibili alternative.

UNA NUOVA PROSEPETTIVA: SCIENCE AND TECHNOLOGY STUDIES
Il Progetto ha adottato la prospettiva transdisciplinare propria degli studi sociali sulla scienza e la tecnologia (Science and Technology Studies – STS): un approccio di studi che analizza le dinamiche scientifiche e tecnologiche a partire da metodologie sociologiche, filosofiche, storiche e antropologiche. Si tratta di un approccio ormai molto diffuso all’estero ma ancora poco presente nel mondo della ricerca italiana, che tende a riprodurre anche per legge la distinzione tra scienze “dure” (STEM) e scienze sociali e umane (SSH) stabilizzata nel XIX secolo.

Gli STS, al contrario, cercano di promuovere l'integrazione interdisciplinare e l'impegno civico. I corsi universitari STS aiutano a porre questioni di responsabilità professionale ed etica e costruiscono ponti tra discipline che normalmente non si incontrano nel curriculum universitario, come sociologia e scienze, diritto e scienze, antropologia e tecnologia, scienze ambientali e teoria politica, o tecnologia e filosofia. Essi offrono modalità di integrazione delle conoscenze in aree impossibili da cogliere attraverso una singola disciplina, come gli studi sulla sicurezza, studi ambientali, globalizzazione, biologia e società. Gli STS in queste aree consentono a studenti e professionisti di formare una comprensione più solida del cambiamento scientifico e tecnologico, del rapporto tra scienza e società e dei limiti dei metodi analitici razionali di fronte ai problemi complessi della contemporaneità.