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Anche le mucche hanno caldo: come le stalle "intelligenti" possono prevenire lo stress delle nostre amiche bovine

Nell'ambito dell'iniziativa @UniboPER/PhD Storytelling, Miki Agrusti, dottore di ricerca in Salute, sicurezza e sistemi del verde al Dipartimento di Scienze e Tecnologie Agro-Alimentari, racconta come l’utilizzo di tecniche statistiche permettano di riconoscere in automatico i cali di produzione giornaliera di latte che derivano dall’esposizione a temperature più alte rispetto alla zona di confort


Dal lavoro di collaborazione con UGIS Unione Giornalisti Italiani Scientifici per l'edizione 2022, questo articolo è stato originariamente pubblicato sulla pagina web UGIS dedicata. L'autore è Miki Agrusti, dottore di ricerca in Salute, sicurezza e sistemi del verde


Come riescono le nostre amiche bovine a resistere a estati afose ed esageratamente calde? Qual è la loro risposta fisiologica? È possibile prevenirla? Se lo sta chiedendo Miki Agrusti, un fisico e dottore di ricerca dell’Università di Bologna che da circa tre anni studia la risposta degli animali in stalla a stimoli da stress causati prevalentemente da temperature poco consone alle loro abitudini.

I cambiamenti climatici e l’effetto serra espongono infatti tutti noi a temperature mediamente sempre più alte. Se da una parte è insita in ogni essere una innata capacità di adattamento, dall’altra i cambiamenti repentini trovano una resistenza nelle abitudini maturate per secoli.

Un fenomeno già ampiamente dimostrato, che riguarda le bovine da latte, è il calo di produzione che deriva dall’esposizione a temperature più alte rispetto alla zona di confort, che da letteratura è al di sotto di 16-18 gradi. Nella stagione estiva si raggiungono temperature ben al di sopra di questa soglia, e lo stress generato negli animali può diventare davvero importante se associato ad un elevato tasso di umidità.

Oggi le moderne tecnologie stanno popolando le stalle più all’avanguardia, dotandole di strumenti necessari per monitorare costantemente lo stato di salute, attività e benessere degli animali.

Dei collari permettono di registrare l’attività degli animali, le loro abitudini; dei robot di mungitura soddisfano i loro bisogni ogni volta che lo richiedono, e nel frattempo ne misurano i parametri vitali, produttivi, chimici, di qualità e quantità del latte prodotto.

Sono poi posizionati all’interno e all’esterno della stalla dei sensori di temperatura e umidità, che monitorano continuamente le condizioni microclimatiche.

Lo studio condotto dal dott. Agrusti e dal team di cui fa parte mette in evidenza come l’utilizzo di tecniche statistiche permettano di riconoscere in automatico i cali di produzione giornaliera di latte rispetto al modello di riferimento. Questo studio permette dunque di avere degli esempi concreti ed oggettivi di cali di produzione, di quantificarli e collegarli o meno a periodi caldi.


L’utilizzo di tecnologie ampiamente impiegate in altri ambiti e che hanno dimostrato un concreto sviluppo negli ultimi decenni, vede le comuni stalle trasformarsi in stalle "intelligenti", dotate della sensoristica più avanzata.

L’enorme mole di informazioni, continuamente raccolta e trasmessa sui dispositivi di immagazzinamento e gestione dei dati, dà origine ad un registro orario, giornaliero e annuale per ogni animale. Tale serie storica è messa a disposizione dell’allevatore e del team di ricerca.

A questo punto è l’intelligenza artificiale ad essere tirata in ballo. Sulla base degli esempi conclamati e già individuati di calo di produzione, l’algoritmo impara in quali condizioni microclimatiche gli animali risentono di stress da caldo. Questo può essere utile in quanto un intervento preventivo con mezzi di raffrescamento come ventilatori o docce refrigeranti possono ridimensionare il fenomeno e quindi i cali produttivi, oltre che alleviare la sofferenza delle bovine.

Assicurare buone condizioni di vita e benessere alla mandria ritorna a vantaggio dell’uomo perché permette di ottenere prodotti più sani e genuini.

In questo contesto, in un’ottica futuristica e avanguardista, l’allevatore diventa una figura chiave e di riferimento, che si impegna a tradurre quotidianamente le esigenze dei suoi animali, con mezzi informatici ed avanzati. Ancora una volta quindi, con l’aiuto delle tecnologie, l’uomo è chiamato a rispondere con prontezza al grido di questo mondo e di chi lo abita. Sarà pronto a questa nuova sfida?

Potrà l’intelligenza artificiale supplire all’operato del classico allevatore di montagna? Fino a che punto la tecnologia è di supporto e non di ostacolo agli equilibri che la natura crea da sé? Sono questi i quesiti che ci poniamo oggi, per avere un futuro migliore domani.