Illustrazione di Euclid mentre scruta il cielo (Immagine: ESA – CC BY-SA 3.0 IGO)
Il telescopio spaziale Euclid ha iniziato ufficialmente la sua indagine dell'Universo alla ricerca della materia oscura. Nel corso dei prossimi sei anni osserverà miliardi di galassie attraverso dieci miliardi di anni di storia del cosmo.
Costruito e gestito dall’Agenzia Spaziale Europea (ESA), Euclid nasce con il contributo della NASA e la collaborazione dell’Agenzia Spaziale Italiana (ASI), dell’Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF), dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN) e di numerose università italiane, tra cui l'Università di Bologna.
Uno dei suoi punti di forza è la sua capacità di osservare una vasta area del cielo in un colpo solo: elemento fondamentale per una missione il cui obiettivo primario è mappare più di un terzo del cielo in sei anni. La modalità di osservazione utilizzata è quella dello "step-and-stare": Euclid osserverà una zona del cielo per circa 70 minuti, producendo immagini e spettri, per poi spostarsi nel giro di pochi minuti alla zona successiva. Durante l’intera missione, questa operazione sarà ripetuta più di 40mila volte.
Questo enorme sforzo permetterà di raggiungere uno degli obiettivi principali di Euclid: misurare in modo più dettagliato che mai la forma di miliardi di galassie nel corso di miliardi di anni di storia cosmica, per arrivare ad una visione tridimensionale della distribuzione di materia oscura nell'Universo.
Tutto bene, quindi? Non proprio. Subito dopo aver acceso gli strumenti per la prima volta, il team di Euclid si è infatti reso conto che l'intera survey doveva essere riprogettata. Questo perché una piccola quantità di luce solare indesiderata raggiungeva lo strumento visibile di Euclid (VIS) ad angoli specifici, anche se lo schermo parasole della navicella (posto sulla parte posteriore) era rivolto verso il Sole.
È partito così un ampio lavoro di analisi per trovare una soluzione. Il team di studiosi è riuscito a risolvere il problema individuando un angolo di rotazione più ristretto, in modo tale che il parasole non sia rivolto direttamente verso il Sole. Una soluzione però solo parziale, perché con questo nuovo assetto alcune parti del cielo non potevano essere raggiunte da nessun punto dell’orbita di Euclid, che si trova a 1,5 milioni di chilometri dalla Terra.
Serviva riprogettare da zero il programma di osservazione previsto: un gigantesco puzzle composto da più di 40mila scatti. Solo dopo un lungo lavoro di analisi, gli studiosi sono riusciti a trovare un’alternativa praticabile, che prevede un maggior numero di sovrapposizioni tra osservazioni adiacenti. L'efficienza complessiva della missione ora è leggermente minore, ma l'obiettivo di raggiungere tutte le aree del cielo necessarie è garantito.
L’Università di Bologna, con il suo Dipartimento di Fisica e Astronomia "Augusto Righi" (DIFA), è stata tra gli ideatori e i fondatori della missione che ha poi portato allo sviluppo di Euclid. Un percorso iniziato nel 2007 con il progetto SPACE (Spectroscopic All-sky Cosmic Explorer), presentato da un team internazionale guidato dal professor Cimatti nell’ambito del programma spaziale Cosmic Vision 2015-2025 dell’ESA.