Forse non tutti sanno che l'Università di Bologna cura e gestisce un roseto didattico-sperimentale: circa 1500 piante, suddivise in 200 varietà, sul colle di Persolino, a Faenza, nella sede dell’Istituto Professionale "Persolino-Strocchi". Intitolato a Raffaele Bazzocchi, professore dell’Alma Mater che lo ha avviato nel 1997, il roseto ospita da qualche anno anche un concorso internazionale – "The Unibo International New Rose Trials" – dedicato alle nuove selezioni di rose per il giardinaggio e per una paesaggistica moderna e sostenibile.
Realizzato sotto l’egida della World Federation of Rose Societies (WFRS) e della Società Italiana di Orticoltura (SOI), il concorso si propone di valutare annualmente una settantina di nuove selezioni di rose non ancora in commercio, inviate dai maggiori ibridatori di europei e internazionali. L'edizione di quest'anno si terrà sabato 25 maggio.
"Ogni nuovo ibrido può acquisire un massimo di 30 punti per l’aspetto della pianta, fino a 30 punti per i fiori, 10 punti per il profumo e altri 30 punti per la resistenza ai patogeni", spiega Maria Eva Giorgioni, professoressa al Dipartimento di Scienze e Tecnologie agro-alimentari, responsabile scientifica del roseto. "È molto importante infatti che una rosa destinata al verde pubblico, ma anche a quello privato, oltre ad essere bellissima e profumata, sia anche resistente alle malattie e non necessiti di trattamenti, garantendo così la sostenibilità".
Il roseto si trova nell'area in cui sorgeva il giardino ottocentesco di Ludovico Caldesi, nobile faentino che oltre ad essere un politico aveva una grande passione per la botanica, disciplina a cui si dedicò completamente dopo la morte prematura del figlio. Alla morte di Caldesi venne istituita una Fondazione col compito di dare vita ad un Istituto per tecnici in campo agrario: quello che oggi è l'Istituto Professionale "Persolino-Strocchi". La nascita del roseto, alla fine degli anni ’90 del secolo scorso, arriva dall’incontro tra il professor Raffaele Bazzocchi, esperto in piante ornamentali dell’Alma Mater, e Umberto Montefiori, all’epoca preside dell’Istituto "Persolino-Strocchi".
"Già all’epoca, il professor Bazzocchi capì che per far crescere il settore vivaistico-ornamentale si doveva fare leva sull’aspetto culturale legato alle piante, non solo sulla loro bellezza, ma anche sulla storia che custodiscono e sulle emozioni che sono in grado di suscitare: sapere come sono arrivate da noi queste piante significa conoscere anche le persone che le hanno introdotte e conservate e il significato del luogo che le ospita", dice la professoressa Giorgioni. "Si decise quindi di puntare sulle rose antiche, ricche di storia e molto valide dal punto di vista agronomico, perché richiedono una bassa manutenzione e si adattano molto bene al nostro clima: sono ideali, anche oggi, per un giardinaggio sostenibile".
Oggi però le rose antiche non sono più una novità, e il roseto dell'Alma Mater ha scelto quindi di puntare sulle rose moderne da paesaggio, adatte al verde pubblico e con una lunga fioritura. Ma senza dimenticare del tutto le varietà antiche: resta infatti un percorso didattico dedicato alle "rose nel tempo" che dagli esemplari dell’antico Egitto arriva fino a quelli più moderni.
"Passeggiando all'interno del roseto è possibile osservare l’evoluzione genetica di questa pianta, le cui origini più antiche paiono risiedere nell’Asia Minore", dice in conclusione Giorgioni. "Da lì una linea evolutiva si è spostata verso il Mediterraneo e un’altra verso l’Asia: le rose 'cinesi' sono poi arrivate in Europa dalla fine del XVIII secolo, soprattutto grazie alla Compagnia delle Indie. Il grande lavoro di ibridazione fra le due linee ha portato all’ottenimento di rose rifiorenti, con diverso portamento e con una vasta gamma di colori e forme dei fiori, fino a quelle che oggi vengono valutate nel concorso.