Circa 40.000 anni fa, nell’area dei Campi Flegrei si è verificata la più grande eruzione vulcanica mai registrata nella regione mediterranea, nota come "eruzione dell'Ignimbrite Campana". Un evento così potente e rilevante che da tempo viene considerato come un possibile fattore di cambiamento e di innovazione nei comportamenti culturali dei primi Homo sapiens in Europa.
Una nuova analisi dei reperti rinvenuti nella Grotta di Castelcivita (in provincia di Salerno), pubblicata su Scientific Reports e guidata da Armando Falcucci dell’Università di Tubinga e Adriana Moroni dell’Università di Siena, in collaborazione con alcuni ricercatori dell’Università di Bologna, smentisce questa ipotesi: tracce dello sviluppo culturale, che si pensava fosse arrivato solo dopo la grande eruzione dei Campi Flegrei, sarebbero già presenti negli strati archeologici precedenti all’evento vulcanico.
"Con una serie di tecnologie all’avanguardia siamo riusciti a ricostruire meticolosamente i metodi di fabbricazione degli strumenti in pietra rinvenuti, dimostrando così che lo sviluppo culturale che vediamo nella Grotta di Castelcivita precede la deposizione degli strati vulcanici", spiega Armando Falcucci, ricercatore all’Università di Tubinga in Germania e primo autore dallo studio. "I risultati che abbiamo ottenuto sfidano quindi le speculazioni di lunga data secondo cui eventi naturali improvvisi determinerebbero cambiamenti comportamentali considerevoli nel corso dell’intera preistoria umana".
La cultura paleolitica nota come "Aurignaziano" è un complesso tecnologico attribuito all’Homo sapiens che si estende su una vasta area geografica comprendente l’Europa e parte del Medio Oriente. Lo sviluppo di questa cultura, segnato ad esempio dal cruciale passaggio dal Protoaurignaziano all’Aurignaziano antico, è stato spesso considerato come una conseguenza dell’adattamento a forti cambiamenti climatici e ambientali.
Le regioni dell’Italia meridionale sono da tempo ritenute un luogo ideale per capire meglio queste dinamiche, sia per l’alto numero di siti archeologici presenti che per la presenza di diversi vulcani. Le eruzioni che si sono susseguite nel corso della preistoria hanno prodotto infatti strati di materiale vulcanico che si possono ritrovare nelle sequenze archeologiche, favorendo la definizione di una solida cronologia.
Tra queste eruzioni, quella dell'Ignimbrite Campana, che ha coinvolto l’area dei Campi Flegrei, è la più significativa nel periodo di passaggio tra il Protoaurignaziano e l’Aurignaziano antico. E una delle tracce più rilevanti di quell’evento si trova tra le sequenze emerse nella Grotta di Castelcivita, dove le indagini archeologiche, iniziate nel 1975 e tuttora in corso, si svolgono su concessione ministeriale sotto la direzione scientifica di Adriana Moroni e Annamaria Ronchitelli dell’Università di Siena.
"Castelcivita è uno dei rari siti archeologici in cui le ceneri vulcaniche originate da questo evento esplosivo hanno sigillato la sequenza archeologica, rendendola perfettamente conservata", spiega la professoressa Adriana Moroni. "Questo ci ha permesso di realizzare un’analisi quantitativa di tutti gli strati relativi al periodo aurignaziano, dalla quale è emerso che le innovazioni tecnologiche legate all’Aurignaziano antico sono avvenute ben prima dell’eruzione dell'Ignimbrite Campana".
Gli studiosi non escludono che la grande eruzione di 40.000 anni fa ai Campi Flegrei possa aver portato a ulteriori mutamenti nei comportamenti e nelle strategie di sussistenza degli abitanti di quell’area, ma i risultati dell’analisi mostrano che gli importanti cambiamenti culturali tra il Protoaurignaziano e l’Aurignaziano antico non sono stati influenzati da quell’evento geologico.
"Nel complesso, questo studio mostra come i processi culturali che hanno portato al primo Aurignaziano fossero già in movimento prima dell’eruzione dell'Ignimbrite Campana e non siano stati quindi influenzati dai cambiamenti ambientali e climatici che sono seguiti", sottolinea Owen Alexander Higgins, dottorando all’Università di Bologna, tra gli autori dello studio.
"Si tratta di un passo significativo nella comprensione delle società di cacciatori-raccoglitori del Paleolitico superiore e della loro abilità di sviluppare sofisticate strategie di sopravvivenza in ambienti diversi", conclude Falcucci.
Lo studio è stato pubblicato su Scientific Reports con il titolo "A pre-Campanian Igimbrite techno-cultural shift in the Aurignacian sequence of Grotta di Castelcivita, southern Italy". Per l’Università di Bologna hanno partecipato Simona Arrighi e Owen Alexander Higgins del Dipartimento di Beni Culturali.